PROTOCOLLO DI KYOTO RISCHIA DI FALLIRE

PROTOCOLLO DI KYOTO  RISCHIA DI FALLIRE

Pechino, 30 nov.- Da Durban, in Sudafrica, dove sono in corso i negoziati dell'ONU sui cambiamenti climatici, la Cina lancia un allarme e un'accusa: "Se si svuota il Protocollo di Kyoto di un ulteriore calendario di impegni, allora il Protocollo stesso è destinato a diventare lettera morta" ha dichiarato martedì ai media il capo della delegazione cinese Su Wei.

 

Allo stesso tempo, il Dragone punta il dito contro l'Unione europea, accusandola di "spostare gli obiettivi da un punto all'altro in maniera iniqua": "La seconda fase del Protocollo di Kyoto faceva parte del pacchetto di misure delle quali si è discusso al vertice di Bali- ha detto ancora Su Wei- ma ora Bruxelles parla di nuove condizioni e nuovi obiettivi, e riteniamo che si tratti di un comportamento sleale".

 

Al vertice sui cambiamenti climatici di Durban i 27 Paesi dell'Unione europea sono tra i pochi a proporre una seconda fase del Protocollo di Kyoto, l'unico patto internazionale attualmente in vigore per fissare obiettivi concreti sulla riduzione delle emissioni dannose, dato che Giappone, Canada e Russia hanno già respinto l'eventuale estensione del Trattato. Ma, nello stesso tempo, la delegazione dell'Unione europea ha reso noto che non siglerà un altro round dell'accordo se anche tutti gli altri Paesi presenti al vertice non si impegneranno a stabilire e rispettare limiti vincolanti.

Una posizione che contrasta profondamente con quella della Cina, da tempo alla guida della pattuglia delle nazioni emergenti ai vertici ONU sull'ambiente. Secondo il Dragone, le nazioni sviluppate sono le prime responsabili del surriscaldamento globale, e come tali devono guidare la lotta agli sconvolgimenti climatici assumendosi vincoli determinati sulle emissioni di CO2. Ai Paesi emergenti e in via di sviluppo, viceversa, non si può chiedere di frenare la crescita economica e interrompere così la corsa che sta liberando dalla povertà milioni e milioni di persone.

Pechino, che è prima nella classifica mondiale delle emissioni di gas inquinanti, ha comunque fissato volontariamente l'obiettivo di ridurre l'energia consumata per unità di PIL prodotto (un'unità di misura detta "intensità energetica") tra il 40% e il 45% entro il 2020, rispetto ai livelli di consumo del 2005. 

 

Le accuse di Su Wei seguono di qualche giorno l'allarme lanciato da un altro importante negoziatore cinese, il vicepresidente della Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme di Pechino Xie Zhenhua, che la scorsa settimana aveva dato voce ai timori su un possibile freno al "fondo verde" dell'ONU.

 

"Alcune nazioni potrebbero non essere in grado di rispettare gli impegni e versare quanto avevano promesso- aveva detto Xie a Pechino- ma la Cina spera che ci saranno progressi nel decidere come verranno allocati e gestiti i finanziamenti del Green Climate Fund".

Il Green Climate Fund è il fondo da 100 miliardi di dollari col quale le economie mature si impegnano a sostenere quelle emergenti nella riduzione dei gas serra. "Bisogna allocare nuove risorse verso le nazioni in via di sviluppo, per aiutarle nella lotta contro il surriscaldamento globale- ha detto ancora Xie- che non è improvvisamente diventato meno importante solamente a causa della crisi finanziaria globale. È solo sceso più in basso nell'agenda dei temi politici".

 

Il vertice di Durban, iniziato il 28 ottobre scorso, si concluderà il 9 dicembre prossimo. Ma le divisioni emerse già nei primi giorni del summit rendono la lotta al surriscaldamento globale sempre più ardua.

 

di Antonio Talia

 

©Riproduzione riservata