Pechino, 11 ago.- La produzione industriale cinese nel mese di luglio rallenta, con una crescita che si attesta al +13.4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, mentre l'inflazione aumenta del 3.3%, sempre su base annuale: lo rivelano i dati sull'economia pubblicati oggi dall'Ufficio Nazionale di Statistica; si tratta rispettivamente della crescita più lenta degli ultimi 11 mesi e dell'accelerazione più veloce del costo della vita registrata negli ultimi 21 mesi. Dopo tre trimestri con una crescita superiore al 10%, i dati ufficiali mostrano che gli effetti della cura alla quale il governo sta sottoponendo il sistema iniziano a farsi sentire: dalle misure per contenere le speculazioni nel settore immobiliare a quelle per bloccare la corsa al credito, fino ai provvedimenti per la chiusura degli impianti ad alto consumo di energia, le statistiche sulla produzione sembrano alleviare le preoccupazioni di quanti temevano che l'economia cinese fosse sull'orlo del surriscaldamento.
Secondo la Banca centrale, i nuovi prestiti erogati nel mese di luglio hanno totalizzato quota 532.8 miliardi di yuan (circa 61 miliardi di euro), al di sotto tanto del livello di giugno che delle previsioni degli economisti; dopo i prestiti record dello scorso anno (9590 miliardi di euro), il governo ha attuato numerose misure per prevenire un ulteriore aumento del credito e i rischi connessi allo scoppio di una bolla immobiliare, le ultime delle quali in ordine di tempo consistono in una serie di stress test per gli istituti bancari e nell'obbligo di includere nei bilanci anche le "cartolarizzazioni informali" che - secondo alcuni analisti - negli ultimi mesi sarebbero servite a occultare circa 340 miliardi di dollari (261 miliardi di euro) dall'esposizione delle banche, portandola a una più confortante stima ufficiale di 679 miliardi (521 miliardi di euro) contro gli 871 miliardi (669 miliardi di euro) effettivi.
Sul fronte dell'inflazione, che è stata sospinta in alto da un'ulteriore crescita dei prezzi dei generi alimentari, continua la lotta di Pechino per mantenere l'indice dei prezzi al consumo entro il 3% per la fine dell'anno: "È un obiettivo raggiungibile – ha dichiarato il portavoce dell'Ufficio Nazionale di Statistica Sheng Laiyun - nonostante l'aumento dei salari e del prezzo globale del grano. Riteniamo che l'inflazione tornerà a scendere già dal prossimo mese". Ma se molti analisti indipendenti sostengono invece che l'inflazione sarebbe già nettamente superiore al 3.3% in diverse zone della Cina, altri, come quelli di China International Capital Corp. ritengono che un raffreddamento dell'economia e un abbassamento dei prezzi globali delle commodities saranno determinanti per il raggiungimento dell'obiettivo annuale di Pechino. "Per contrastare la crescita dei prezzi il governo potrebbe anche acconsentire a un maggiore apprezzamento dello yuan sul dollaro nei prossimi due mesi - ha dichiarato un economista di UBS AG ad Hong Kong - vista anche la ritrosia di Pechino ad un aumento dei tassi d'interesse". L'incognita sui rischi della bolla immobiliare, tuttavia, persiste: da tempo il governo ha preso di mira le Local Investment Companies, agenzie semipubbliche gestite dalle amministrazioni locali sorte l'anno scorso che, per finanziare enormi progetti infrastrutturali e di real estate, hanno ottenuto vastissimo credito dalle banche presentando la terra di loro proprietà come garanzia.
Anche se nell'ultimo periodo il National Audit Office, i revisori dei conti, ha lanciato ispezioni a tappeto per constatare l'effettiva entità dei debiti contratti con questo sistema dalle amministrazioni locali, al momento nessuno e in grado di affermare con certezza quanti fondi siano stati ottenuti con tali veicoli finanziari: la linea ufficiale è che, alla fine dell'anno scorso, ammontassero a 7.4mila miliardi di yuan ; il ministero delle finanze sosteneva si fosse giunti a quota 4mila miliardi già alla fine del 2008, ma secondo alcuni studiosi indipendenti come il professor Victor Shih, economista specializzato in questioni cinesi della Northwestern University dell'Illinois, il debito attuale delle amministrazioni locali cinesi ammonta a 11428 miliardi di yuan, che diventeranno 12767 miliardi per la fine del 2011. Secondo uno scoop pubblicato alla fine di luglio da New Century, settimanale in lingua cinese edito dal gruppo Caixin - che in passato si è sempre distinto per inchieste economiche controcorrente - circa il 23% dei 7660 miliardi di yuan (875 miliardi di euro) stimati, concessi dagli istituti di credito cinesi alle Local Investment Companies, ben il 23% è "a grave rischio di default"; inoltre, solo il 27% dei progetti lanciati dai governi locali cinesi starebbe generando gli utili necessari per ripianare i debiti contratti, mentre per il restante 50% le banche saranno costrette a esigere gli asset presentati dalle amministrazioni a garanzia dei prestiti. La China Banking Regulatory Commission aveva seccamente smentito tale stima.
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