Il Dragone, secondo IHS, ritorna così ufficialmente al ruolo che occupava fino al 1850, quando si trovava alla fine di un lungo ciclo di crescita della popolazione e ascesa tecnologica; successivamente la Cina sarebbe stata scalzata dal podio dall'Inghilterra della Rivoluzione Industriale, che a sua volta avrebbe passato il primato agli Stati Uniti nel 1895 circa. Gli storici dell'economia indicano che nel 1830 la quota di beni prodotti in Cina si aggirava intorno al 30% della produzione mondiale; nel 1900 si era ridotta al 6%, per poi precipitare attorno al 3% fino al 1990, convenzionalmente indicato come un anno cruciale per l'inizio del nuovo corso economico cinese, sostenuto dai bassi costi della manodopera e dall'enorme flusso d'investimenti provenienti dall'estero.
La notizia ha suscitato un coro di commenti allarmisti da parte delle associazioni di categoria statunitensi: "L'America dovrebbe essere preoccupata dalla perdita di un record che deteneva dal 1895" ha dichiarato Deborah Wince-Smith, chief executive del Council of Competitiveness di Washington. Ma secondo gli stessi analisti di IHS, le statistiche diffuse quest'oggi mostrano dei risultati tutt'altro che negativi per gli USA: "Gli Stati Uniti detengono un enorme vantaggio produttivo, nel 2010 la differenza è stata solo dello 0.4%, ma mentre la Cina possiede una forza lavoro nel settore industriale pari a circa 100 milioni di lavoratori, gli USA impiegano nello stesso settore circa 11.5 milioni di lavoratori. Inoltre, una buona parte della produzione industriale cinese è sostenuta dalle sussidiarie cinesi di società americane, ed è basata su tecnologie sviluppate in America, specialmente in segmenti come quello dell'elettronica".
di Antonio Talia
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