"Cautela sui numeri della ripresa economica della Cina". Questo l'avvertimento lanciato da molti esperti internazionali e dalle maggiori banche europee.
Il ritmo della produzione di energia elettrica, solitamente uno dei più affidabili indicatori della reale situazione dell'economia di Pechino, potrebbe ingannare gli investitori sulle vere condizioni delle attività industriali della nazione, avvertono gli economisti.
Il recente aumento nella produzione dell'elettricità sarebbe un fenomeno casuale e momentaneo e avrebbe poco a che fare con una ripresa delle attività industriali; questa ipotesi mette in discussione la piena ripresa della terza economia mondiale, prevista per il prossimo anno.
Le statistiche pubblicate mensilmente dall'Ufficio Statistico Nazionale di Pechino (NBS National Bureau of Statistics) vengono sempre analizzate con una certa criticità, perfino scetticismo, dai vari osservatori internazionali, ma questa volta non sono solo gli stranieri a nutrire dubbi sull'affidabilità di queste cifre.
Sarebbe soprattutto la differenza fra la somma dei tassi di crescita del PIL delle singole regioni e il PIL del Paese a preoccupare gli investitori di Pechino.
Statistiche online lanciate da vari giornali cinesi rivelano che il 90% degli intervistati non crede alle statistiche emesse dal NBS, soprattutto ai dati ufficiali riguardanti la crescita nelle città. Molti infine mettono in discussione i metodi di indagine dell'Istituto, che non disporrebbe dei mezzi per poter intervistare adeguatamente un paese così vasto e popoloso così velocemente, come sembra fare ogni mese.
Proprio per tutte queste ragioni gli investitori si erano rivolti alle cifre relative alla produzione di energia elettrica, come principale indicatore della realtà dell'economia cinese: le misurazioni sono accurate e difficilmente manipolabili.
In particolare l'aumento annuale del 4,28 % della produzione elettrica e la recente ripresa delle attività delle centrali hanno fatto pensare ad una nuova reale espansione delle attività industriali cinesi.
Ma questa conclusione potrebbe essere sbagliata, affermano gli analisti. Glenn MacGuire, economista della banca francese Societe Generale invita a non fidarsi di questi indicatori economici, perché troppo pesantemente distorti dalle attività dell'industria pesante.
Anche i maggiori esperti della Royal Bank of Scotland invitano alla prudenza: la causa di questo aumento nella produzione di elettricità sarebbe la recente ripresa delle industrie di alluminio. Dall'inizio dell'anno il ritmo delle attività di fusione era molto lento poiché i compratori preferivano procurarsi il metallo all'estero a un prezzo più conveniente. Ma il recente aumento del costo dell'alluminio ha messo fine a questo fenomeno e i produttori cinesi hanno di nuovo acceso le loro centrali ad alto consumo di elettricità, facendo impazzire i dati di produzione. Ma gli analisti dubitano che questa ripresa avrà lunga durata, a causa dell'alto prezzo degli stock di alluminio.
Questa situazione, secondo l'economista Simpfendorfer sottolinea l'importanza di non affidarsi ad un singolo indicatore per interpretare l'economia cinese; inoltre dichiarare un PIL "gonfiato" e nascondere questi squilibri economici potrebbero impedire all'economia di trovare una base solida per la ripresa nel 2010.
Utili in questo senso potrebbero essere i dati di Giappone e della Corea del sud sulle esportazioni alla Cina, prosegue l'economista, aumentate ultimamente grazie all'effetto benefico del pacchetto stimoli.