Pechino, 12 apr. - La conferma ufficiale è arrivata sabato: a marzo la Cina ha registrato il primo deficit commerciale degli ultimi sei anni, come ampiamente previsto da un'indagine di Bloomberg e dalle dichiarazioni rilasciate dal ministro del Commercio Chen Deming nel corso del China Development Forum, alla fine del mese scorso. Un dato atteso, ma che si è rivelato molto più consistente delle previsioni: secondo le statistiche ufficiali elaborate dall'Ufficio Nazionale della Dogana, infatti, il trade deficit del mese di marzo ha raggiunto quota 7.24 miliardi di dollari, dopo quattro mesi di fila in cui il surplus commerciale con il resto del mondo era andato riducendosi gradualmente. I dati della Dogana mostrano come le esportazioni cinesi nel mese di marzo abbiano totalizzato 112.11 miliardi di dollari (+24.3% rispetto all'anno precedente), contro i 119.35 miliardi delle esportazioni (+66%): nel primo trimestre del 2010 Pechino continua comunque a realizzare un surplus commerciale globale pari a 14.5 miliardi di dollari, ben il 76.7% in meno rispetto allo stesso trimestre del 2009. A spingere verso il deficit la bilancia commerciale cinese contribuiscono il calo relativo nelle esportazioni verso gli Stati Uniti e verso il resto delle economie più sviluppate e - soprattutto - un notevole incremento delle importazioni di quelle commodities e materie prime necessarie per sostenere gli intensi ritmi di sviluppo delle industrie del Dragone: quest'ultima voce, in particolare, costituisce da sola la maggior parte del deficit commerciale, anche a causa dell'aumento dei prezzi di numerose risorse - come il minerale di ferro - di cui la Cina è il primo consumatore al mondo. Le statistiche della Dogana giungono proprio nel momento in cui Pechino si trova al centro di crescenti pressioni internazionali per la rivalutazione della sua moneta, e offrono un'argomentazione in più a quella parte della leadership cinese che si oppone con maggiore fermezza a qualsiasi ipotesi di apprezzamento: "In una situazione in cui il tasso di cambio dello yuan è stato mantenuto sostanzialmente stabile, il surplus commerciale cinese si è progressivamente ridotto, fino a raggiungere il deficit nel mese di marzo,- ha commentato il portavoce del ministero del Commercio Yao Jian - ciò dimostra, ancora una volta, come in un'era di globalizzazione economica l'elemento decisivo per un bilancio nei commerci non sia costituito dal tasso di cambio ma da altri fattori, come la relazione tra domanda e offerta nei mercati". "Il surplus commerciale della Cina verso gli Stati Uniti è stato trasformato in una delle principali scuse che gli economisti americani adottano per spingere verso una rivalutazione dello yuan, - aveva dichiarato il ministro del Commercio Chen Deming durante il China Development Forum - ma, ironicamente, questi richiami diventano sempre più forti man mano che il surplus continua a declinare". Chen, però, aveva anche sottolineato che il probabile deficit di marzo sarebbe stato temporaneo, una posizione condivisa dalla maggior parte degli analisti, che prevedono un ritorno al surplus nei prossimi mesi in corrispondenza di un nuovo aumento delle esportazioni cinesi. L'influente quotidiano China Securities News riporta oggi l'opinione di una fonte anonima legata alle autorità monetarie cinesi, secondo la quale Pechino difficilmente si muoverà verso un apprezzamento improvviso, come fece nel luglio del 2005: "Una rivalutazione repentina, in un colpo solo, è controproducente, - sostiene la fonte - mentre è invece possibile che si aumenti la banda di oscillazione della valuta, portandola ad esempio dall'attuale 0.5% all'1%". In queste ore gli occhi dei mercati finanziari sono tutti puntati verso Washington, dove il presidente Hu Jintao incontrerà Barack Obama a margine del summit sulla sicurezza globale: un segnale sulle politiche valutarie cinesi potrebbe arrivare in tempi brevi.