Pechino, 19 mag. - La febbre del mattone continua a diffondersi nelle città cinesi di seconda e terza fascia, mentre i prezzi dei nuovi appartamenti mostrano qualche rallentamento nelle megalopoli più importanti: secondo i dati pubblicati oggi dall'Ufficio Nazionale di Statistica, nel mese di aprile i costi delle proprietà sono aumentati in 67 delle 70 principali città cinesi, ma la media nazionale non è stata resa nota, in osservanza della politica inaugurata nel febbraio scorso.
Urumqi, capitale della remota provincia dello Xinjiang - nell'estremo ovest della Cina, ai confini con l'Asia Centrale - si aggiudica il primato dei rincari: ad aprile i prezzi degli appartamenti sono aumentati del 9.3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Impennata dei prezzi anche a Mu Danjiang, nella Cina del nord, dove si è registrato un aumento dell'8.7%. Situazioni molto diverse rispetto a quelle di Pechino e Shanghai, dove i costi sono cresciuti rispettivamente del 2.8% (contro il +4.9% di marzo) e dell'1.3%.
La speculazione sul settore edilizio, insomma, sembra spostarsi dalla città più conosciute ai centri urbani meno famosi - ma comunque densamente popolati- , dove i controlli sono allentati e l'applicazione delle misure decise dal governo centrale per frenare il surriscaldamento del settore diventa molto più difficile. La scorsa settimana Pechino ha nuovamente ordinato alle amministrazioni locali di vigilare sull'effettiva entrata in vigore dei provvedimenti, che spaziano dall'aumento degli anticipi necessari all'acquisto di una seconda casa alle tasse sulla proprietà lanciate in via sperimentale a Shanghai e Chongqing, fino alle restrizioni sulla compravendita di Pechino e Canton.
"Siamo determinati a riportare i costi delle abitazioni a un livello ragionevole" ha ribadito nel suo discorso del primo maggio il premier Wen Jiabao. I timori dello scoppio di una bolla speculativa nel settore immobiliare cinese si susseguono da mesi e mesi: solo nel 2010 i prezzi delle case sono aumentati del 18% rispetto all'anno precedente, rendendo sempre più difficile l'acquisto di un appartamento per la classe media. Molti osservatori ritengono che le ragioni dei continui aumenti vadano rintracciate nelle misure contro la crisi globale varate nella stagione 2009-2010, quando le banche - su impulso del governo - hanno concesso nuovi prestiti per 17500 miliardi di yuan (circa 1850 miliardi di euro), la maggior parte dei quali - a causa della mancanza di alternative d'investimento - sono stati immessi proprio nel real estate.
Ad aprile l'agenzia di rating Moody's aveva degradato l'outlook del settore immobiliare cinese portandolo da "stabile" a "negativo" (questo articolo). Previsioni ancora peggiori erano state avanzate a marzo da Fitch, che aveva diffuso un rapporto secondo il quale da qui al 2013 c'è il 60% di possibilità che le banche del Dragone vengano sconvolte da un crollo dei prezzi delle case, capace di provocare un'ondata di insolvenze. Oltre ai provvedimenti dedicati nello specifico al settore immobiliare il governo ha adottato misure di portata più generale come l'aumento delle riserve obbligatorie delle banche, che dall'inizio dell'anno sono state innalzate con cadenza mensile.
di Antonio Talia
©Riproduzione riservata