Roma, 28 apr.- La Cina riapre le porte ai malati di AIDS dopo venti anni, approfittando dell'Expo di Shanghai. Il Consiglio di Stato ha revisionato il quadro legislativo del 1980 ("Border Quarantine Law" e "Law on Control of the Entry and Exit of Aliens") che vieta l'ingresso nel Paese agli stranieri positivi al virus dell'HIV. Oltre ai sieropositivi erano messi al bando i malati di lebbra, di malattie sessualmente trasmissibili; di tubercolosi; o affetti da disturbi psichici. La legge era già stata sospesa in occasione dei Giochi asiatici di Pechino del 1990, della IV Conferenza mondiale delle donne del 1995 e dei Giochi olimpici di Pechino del 2008, "in seguito ai quali il governo aveva iniziato a limitare le restrizioni" spiega Mao Qun'an, portavoce del Ministero della salute. E questa volta l' abrogazione sembra essere definitiva, sebbene le restrizioni siano ancora valide nel caso in cui una persona presenti gravi problemi psichici o sia affetto da una tubercolosi infettiva.
Il documento non specifica se nella domanda per il visto bisogna segnalare o meno la patologia ma, secondo le prime indiscrezioni, saranno lasciate ai funzionari alcune libertà sulle norme di compilazione dei documenti.
"Vietare l'entrata nel nostro Paese ai malati di AIDS non può essere una soluzione al problema. Il governo ha capito che nella prevenzione e nel controllo della malattia una simile barriera ha effetti limitati" ha dichiarato un funzionario dell' Ufficio legale del Consiglio di Stato. "Essa ha invece rappresentato un vincolo in occasione delle numerose attività internazionali ospitate dal nostro Paese".
L' ultimo contrasto internazionale risale al marzo scorso quando la Cina vietò l'ingresso al celebre scrittore australiano Robert Dessaix, positivo all'HIV. Il caso ha sollevato l'indignazione pubblica e oltre novanta scrittori australiani hanno firmato una lettera di protesta.
La rimozione delle restrizioni ha suscitato l'entusiasmo del segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon: " Mi auguro che altri Paesi decidano di seguire l'esempio della Cina". Il plauso arriva anche dal mondo medico cinese: "La mossa dei leader cinesi rappresenta un enorme passo in avanti" ha commentato Zhao Beiquan, professore di medicina dell'Università Qinghua di Pechino. Sebbene il virus sia molto diffuso in Cina – le statistiche del 2009 del Ministero della salute parlano di 740 mila sieropositivi e quasi 5mila decessi per AIDS dal primo caso risalente al 1985 – la disinformazione è ancora un grave problema. "Precedentemente il governo cinese associava la diffusione del virus a stili di vita discutibili", spiega ancora il professor Zhao. Ma la notizia è stata gradita soprattutto dalla comunità sieropositiva cinese: "ci siamo battuti per anni e adesso sappiamo che i nostri sforzi non sono stati vani", ha dichiarato l'attivista He Tiantian.