Pechino, 17 settembre - "Una politica di basse emissioni di anidride carbonica rischia di diventare irraggiungibile entro il 2020 se la Cina non otterrà un massiccio aiuto internazionale": Hu Xiulian, tra le più importanti ricercatrici dell'Energy Research Institute, ha illustrato così i risultati del rapporto "China's Low Carbon Development Pathways by 2050". L'Energy Research Institute è il think-tank che segnala al governo di Pechino le politiche da adottare in campo energetico. "Fare una stima dei costi così a lungo termine è un lavoro pieno di incertezze – ha detto Hu - ma le proiezioni che abbiamo elaborato mostrano che il lavoro da fare per abbattere le emissioni di CO2 in Cina è immenso". Secondo il dossier, Pechino ha bisogno di un enorme afflusso di investimenti in energia pulita: la Cina è il primo paese per emissioni di anidride carbonica al mondo, imputabili in massima parte alle sue centrali a carbone, che impiegano tecnologie obsolete. Secondo lo studio, con l'applicazione delle giuste misure e un imponente sforzo finanziario, le emissioni potrebbero raggiungere il picco intorno al 2030, per poi subire una drastica riduzione entro il 2050. Un approccio basato su un basso impiego di carbone inquinante potrebbe costare circa 1700 miliardi di yuan extra all'anno da impiegare in industrie, trasporti e palazzi ecoefficienti, e si manterrebbe su simili livelli di spesa anche fino al 2050. "Anche se il governo cinese promuoverà incentivi fiscali, si tratta pur sempre di una spesa enorme" si legge nel rapporto. Secondo l'US Oak Ridge National Laboratory, nel 2007 la Cina ha raggiunto quota 1.8miliardi di tonnellate di emissioni. Secondo i tecnici dell'Energy Research Institute, che per stilare il dossier si sono avvalsi anche dell'aiuto di U.S. Energy Foundation e WWF, se Pechino continua a mantenere il suo approccio attuale, focalizzandosi quasi esclusivamente sulla crescita economica e mettendo in secondo piano la protezione ambientale, le emissioni potrebbero arrivare a quota 3.3 miliardi di tonnellate nel 2050. Con un approccio a basso impatto raggiungerebbero il picco di 2.4 miliardi di tonnellate nel 2035 per mantenersi stabili su questi livelli anche nei quindici anni successivi. Uno scenario ancora più radicale, fatto di misure più stringenti, condurrebbe a un massimo di 2.2 miliardi nel 2035 per poi registrare un calo progressivo fino a 1.4 miliardi di tonnellate negli anni successivi. La settimana prossima il presidente cinese Hu Jintao presenterà i nuovi piani del suo governo per la lotta al surriscaldamento globale al summit delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ed è facile ipotizzare che terrà conto dei risultati del rapporto. La Cina, insomma, non può farcela da sola, e tutte le compagnie che investono in tecnologie verdi in questo paese potrebbero avere enormi ritorni nei prossimi anni.