di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 26 giu.- La decisione di rinominare la piazza dove sorge l'ambasciata cinese a Washington come piazza Liu Xiaobo è una "completa farsa" secondo il governo cinese, che accusa gli Stati Uniti di utilizzare i "cosiddetti diritti umani e il caso Liu Xiaobo per un sensazionalismo senza significato". Ideatore del manifesto Charta 08, in cui chiedeva l'apertura in Cina alla democrazia, Liu è stato condannato nel 2008 a undici anni di carcere con l'accusa di tentata sovversione, e nel 2010 è stato insignito del premio Nobel per la Pace. Nel caso di un cambio di nome, l'ambasciata cinese a Washington si troverebbe all'indirizzo "1, Liu Xiaobo Plaza". La possibilità che il cambio di nome avvenga è reale, dopo che martedì scorso lo House Appropriations Committee ha votato a favore, un primo passo verso il nuovo indirizzo della sede diplomatica cinese negli Stati Uniti.
La polemica tra Cina e Stati Uniti si trascina da diverse settimane. Era cominciata prima dell'anniversario della strage di piazza Tian'anmen, il 4 giugno scorso, che commemora le vittime del movimento studentesco pro-democratico del 1989 represso dall'intervento dell'esercito. Ad avanzare la proposta di una piazza dedicata all'attivista premio Nobel per la Pace nel 2010 era stato un membro repubblicano del Congresso dello Stato della Virginia, Frank Wolf, spesso critico nei confronti della Cina, che aveva commentato la scelta come "un piccolo sforzo che darà senza dubbio speranza al popolo cinese e ricorderà agli oppressori che si trovano dalla parte sbagliata della storia".
Le divisioni tra Cina e Usa sui diritti umani sono state al centro anche di un discorso tenuto dall'ambasciatore statunitense in Cina, Max Baucus, proprio a poca distanza dal commento del Ministero degli Esteri di Pechino alla possibilità di un cambio di nome alla piazza dove sorge l'ambasciata cinese a Washington. Durante un pranzo con una comunità di imprenditori americani, Baucus ha fatto riferimento, per la prima volta da quando è stato nominato ambasciatore a inizio 2014, agli arresti di "molte voci moderate" che si sono schierate "pacificamente" in nome del "buon governo, dei dritti delle minoranze etniche e dello stato di diritto".
L'iter per il cambio di nome della strada dove sorge l'ambasciata cinese - che oggi si trova al 3505 International Place - è però ancora lungo. Mancano le approvazioni della Camera dei Rappresentanti e del Senato, il cui sostegno all'iniziativa è ancora in forse, secondo fonti di Washington. Le autorità della capitale degli Stati Uniti si sarebbero dette d'accordo nel cambio di nome. Non sarebbe la prima volta che Washington utilizza questo tipo di escamotage per fare pressioni sul governo di un altro Paese. Negli anni Ottanta, la via dove si trovava l'ambasciata sovietica era stata rinominata in onore del dissidente Andrei Sakharov. Anche la Cina aveva operato in passato un cambio di nome a una via, quella dove sorgeva l'ambasciata sovietica a Pechino. Nel 1966, ricorda su Weibo un appassionato di storia cinese, al culmine della Rivoluzione Culturale, era stato scelto il nome "via anti-revisionismo" per indicare la distanza ideologica tra le due capitali comuniste.
26 giugno 2014
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