Per gli emergenti scaduto il tempo del « free riding»
Il modello di crescita alimentata dal debito privato, originario del mondo anglosassone, che viene ora aspramente criticato da alcune leadership asiatiche o sudamericane, ha fatto la fortuna dei paesi emergenti fino al 2008. Il fiume del credito facile ha sostenuto la spesa del Vecchio Mondo che si è in larga parte rivolta ai prodotti delle nuove manifatture degli emergenti, e alle loro risorse naturali. Sarà stato di certo un modello squilibrato, dissipatore di risorse scarse e foriero di aumenti dei loro prezzi, che ha spostato lavoro dal Vecchio al Nuovo Mondo. Ma fino all'insolvenza dei primi mutui subprime, nell'estate del 2007, le denuncie restavano solo nei rapporti di qualche organizzazione internazionale o negli allarmi di alcuni studiosi, talvolta accusati di essere menagrami. Per le imprese, le banche, i consulenti, si trattava di anni d'oro. Le bilance commerciali dell'Asia si sono gonfiate a dismisura, gli investimenti diretti sono affluiti anche in Sud America, Maghreb, Europa Centro-Orientale. Poi Mr. Doom ha avuto riconosciute le sue ragioni, mentre tutto cambiava.
Se i paesi emergenti non riconosceranno presto che con il mutare del loro ruolo cambiano anche le loro responsabilità, i loro sogni potrebbero infrangersi. Dal 2010, il Brasile ha aumentato il tasso d'interesse ufficiale dal 9 al 13%; l'India da meno del 5 ad oltre l'8; la Cina dal 5 al 6 e mezzo. Le preoccupazioni per l'inflazione che prevalevano un anno fa, lasciano il passo a quelle per la crisi finanziaria e la frenata nelle economie mature, che potrebbe estendersi agli emergenti. Senza una dinamica sostenuta, è in dubbio la tenuta dei diversi modelli che hanno consentito di coniugare consenso, promozione delle ambizioni sociali, e riduzione della povertà. Se gli emergenti non torneranno ad alimentare di nuovo la domanda interna, ed a consentirle di orientarsi con meno vincoli verso le merci prodotte nel Vecchio Mondo, il meccanismo si potrebbe inceppare.
Le nuove responsabilità si possono declinare in molte direzioni, e spesso con vantaggi bilanciati. Investire nei debiti sovrani europei, scommettendo sulla capacità dell'Unione di risolvere faticosamente i propri dilemmi, potrebbe consentire alla Cina di diversificare la montagna di asset esteri che continua ad accumulare e che la espone a pesanti perdite in conto capitale se tutti denominati in dollari. Accelerare il ritmo di rivalutazione reale del renminbi può forse costare qualcosa in termini di valore delle riserve, ma consente di controllare l'inflazione senza strozzare l'offerta di moneta, e risponde alle richieste incessanti dei partner avanzati. I paesi emergenti non possono più nascondersi: anche per loro il tempo del free riding sta scadendo.
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14/11/2011