PEOPLE'S DAILY: "GOOGLE STRUMENTO POLITICO"
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PEOPLE'S DAILY: "GOOGLE STRUMENTO POLITICO"

PEOPLE'S DAILY: "GOOGLE 
STRUMENTO POLITICO"

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PEOPLE'S DAILY: "GOOGLE STRUMENTO POLITICO"
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Nonostante Pechino neghi di essere responsabile di un attacco informatico, da Washington il segretario della Difesa Robert Gates si dichiara pronto a usare la forza contro i cyber-attacchi che, considerati dei veri e propri attacchi militari, di virtuale sembrano avere ben poco. E se l'Aquila dovesse attaccare, il Dragone di certo non resterebbe a guardare: è di qualche giorno fa la notizia che il ministero della Difesa cinese ha schierato un intero esercito cibernetico a protezione del sito e dei dati sensibili dell'Esercito popolare di Liberazione (PLA) (questo articolo). Intanto la guerra cibernetica tra Google e il Dragone è già in corso da tempo e sembra essersi appena arricchita di un nuovo episodio (questo articolo). La compagnia  di Mountain View è presente in Cina dal 2005, ma il rapporto tra il motore di ricerca e il gigante asiatico è sempre stato altalenante per via del bavaglio imposto dal governo cinese. Nel marzo dello scorso anno, dopo aver dichiarato di essere stato vittima di un attacco informatico– che Wikileaks assicura essere stato diretto da due membri del Politburo (questo articolo), Google aveva dirottato le sue operazioni su Google.com.hk sbloccando di fatto i contenuti sgraditi al governo di Pechino (questo articolo). Un tentativo inutile in quanto la censura che Google si rifiuta di esercitare fu prontamente reintrodotta dai filtri governativi che resero inaccessibili le pagine incriminate. La schiarita arrivò poi a luglio con il rinnovo della licenza di ICP di Google da parte di Pechino. Ma il braccio di ferro continua tuttora alimentato da nuovi attriti l'ultimo dei quali risale allo scorso marzo quando la compagnia aveva registrato alcune interferenze sulla casella di posta gmail di alcuni utenti cinesi (questo articolo). Le infiltrazioni, avevano dichiarato alcuni analisti, rappresentavano l'ultima mossa delle autorità cinesi per interrompere il tam tam sul web che aveva promosso alcune emulazioni cinesi delle rivolte dei gelsomini tunisine. Un'accusa che ancora il governo cinese aveva bollato anche quella volta come "inaccettabili".
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