Traduzione a cura di Giovanna Tescione
Roma, 02 lug. - "La richiesta unilaterale da parte del governo Aquino delle Filippine dell'arbitrato sul caso del Mar Cinese Meridionale spinge i confini del Tribunale Arbitrale Internazionale oltre la propria portata, costituendo un abuso di potere e una dissacrazione dello spirito dello Stato di diritto, minacciando l'ordine internazionale attuale", è quanto si legge in un editoriale pubblicato sul People's Daily il 28 giugno con lo pseudonimo "Zhongsheng"(che in italiano suona come un 'rintocco') che sottolinea l'ostinata opposizione della Cina nei confronti delle questioni sollevate da Filippine, America e dal Tribunale Arbitrale sulla questione delle dispute nel Mar Cinese Meridionale, "non solo nella difesa della propria sovranità territoriale, ma anche nella salvaguardia della stabilità e della pace mondiale".
Di seguito il testo integrale dell'editoriale
Il 26 giugno scorso si è tenuto presso la sede della Corte Internazionale di Giustizia all'Aia, in Olanda, il seminario 'l'arbitrato sul Mar Cinese Meridionale e il diritto internazionale' organizzato da istituzioni accademiche di Cina e Olanda. L'appello di alcuni esperti di diversi paesi che hanno partecipato al seminario è stato chiaro: "La richiesta unilaterale da parte del governo Aquino delle Filippine dell'arbitrato per il caso sul Mar Cinese Meridionale spinge i confini del Tribunale Arbitrale Internazionale oltre la propria portata, costituendo un abuso di potere e una dissacrazione dello spirito dello Stato di diritto, minacciando l'ordine internazionale attuale".
La richiesta unilaterale delle Filippine dell'arbitrato sul caso sul Mar Cinese Meridionale è la tipica mossa di chi vuole far vedere i muscoli per intimorire l'avversario. Innanzitutto il principio dell'Equity Estoppel è un principio di base dello Stato di diritto internazionale. Come è ben noto, la Cina e i paesi Asean, Filippine incluse, hanno firmato nel 2002 la "Dichiarazione sulla condotta nel Mar Cinese Meridionale", in cui tutti i Paesi si impegnavano a risolvere le dispute nel Mar Cinese Meridionale attraverso consultazioni e negoziazioni amichevoli tra le parti direttamente coinvolte. Dichiarazione che sia la Cina che le Filippine hanno ribadito in un comunicato congiunto nel 2011 di voler rispettare e osservare.
Tuttavia, nel 2013 il governo di Aquino, ignorando le promesse fatte qualche tempo prima, ha unilateralmente sottoposto il caso sulla disputa nel Mar Cinese Meridionale per l'arbitrato. In secondo luogo, le Filippine ignorano fatti storici essenziali, sostenendo erroneamente che il popolo cinese non ha mai nella storia vissuto né condotto attività nella regione del Mar Cinese Meridionale e che non ha mai avuto alcuna sovranità sulle isole della regione. Tuttavia, la storia non può essere negata, né si può negare che quelle isole fanno parte del territorio cinese dai tempi antichi.
Nella storia i governi cinesi che si sono succeduti hanno continuato a governare e ad esercitare la propria giurisdizione sulle isole attraverso approcci diversi incluso l'istituzione di amministrazioni, pattugliamenti marittimi e salvataggi in mare.
Rispettare la realtà storica è un principio fondamentale del diritto internazionale. Ma l'arbitrato sulla questione del Mar Cinese Meridionale richiesto dalle Filippine non rispetta la realtà storica, violando così il principio del diritto internazionale.
Inoltre l'interpretazione delle Filippine sullo status legale delle isole e delle scogliere nel Mar Cinese Meridionale non si confà alla "Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS)" né agli altri regolamenti internazionali. Le Filippine sostengono che l'atollo di Scarborough (in cinese Huangyan Island) e le Isole Spratly (Nansha Islands) non possono essere considerate delle isole e che non è possibile istituire alcuna zona economica esclusiva né rivendicare alcuna piattaforma continentale. Ma la versione delle Filippine contrasta con la realtà oggettiva delle isole Spratly. Durante il processo le Filippine hanno deliberatamente distorto le informazioni riguardo le scogliere e le isole della regione. Negare l'integrità delle isole Spratly e lo status di isole alle Taiping e ad altre isole dalla superficie estesa del Mar Cinese Meridionale, non solo non rispecchia la realtà dei fatti, ma è anche incompatibile con la UNCLOS e con le altre leggi internazionali.
Il rappresentante legale delle Filippine durante il processo ha più volte nascosto ulteriori informazioni necessarie relative alle isole nel Mar Cinese Meridionale, rifiutandosi di consegnarle al Tribunale Arbitrale. È evidente che la tesi delle Filippine è priva della credibilità basilare. Accettando la richiesta unilaterale delle Filippine e nel tentativo di emettere una sentenza sulla questione del Mar Cinese Meridionale, il Tribunale Arbitrale ha violato la "Convenzione ONU sul diritto del mare", commettendo un abuso nei confronti delle procedure di risoluzione della Convenzione, oltre che oltrepassato i limiti della propria giurisdizione. I cosiddetti "principi legali" e i "potere normativi" tanto conclamati sanno tanto di sarcastico. Le dispute nella regione tra Cina e Filippine sono una questione di confini marittimi e territoriali. Le questioni territoriali non ricadono nell'ambito di regolamentazione della Convenzione e già nel 2006 la Cina, secondo le disposizioni dell'art. 298 della Convenzione ha escluso le procedure di risoluzione obbligatoria dalle dispute sui confini marittimi. Quale organismo temporaneo basato sulla "Convenzione ONU sul diritto del mare", il Tribunale Arbitrale non ha alcuna giurisdizione su questo caso. La risoluzione delle dispute attraverso l'arbitrato o altri metodi giudiziari internazionali significa ricorrere a meccanismi di risoluzione per conto terzi, ma questa opzione è stata esclusa dagli accordi bilaterali raggiunti tra Cina e Filippine, ancora validi secondo il diritto internazionale.
Su questo il Tribunale Arbitrale ha fatto orecchie da mercante e, per superare le premesse e le esclusioni ed eccezioni previste dalle procedure obbligatorie di risoluzione delle dispute nella Convenzione, con l'obiettivo di sancire la propria giurisdizione, ha intenzionalmente interpretato a proprio modo la scelta fatta precedentemente di comune accordo da Cina e Filippine come modalità di risoluzione delle dispute. Il Tribunale ha negato un accordo raggiunto tra due paesi, violando il diritto della Cina quale Stato sovrano e il diritto dei paesi firmatari della Convenzione di scegliere autonomamente i propri metodi di risoluzione delle dispute. Inoltre il Tribunale ha intenzionalmente distorto il rapporto tra la UNCLOS e le consuetudini di diritto internazionale. Il Tribunale Arbitrale, facendo riferimento alla UNCLOS e tentando di estendere la giurisdizione della Convenzione a tutte le questioni marittime, ignora la consuetudine del diritto internazionale. Qualsiasi esperto di diritto internazionale ha ben chiaro che i meccanismi legali sulle questioni marittime internazionali stabiliti dalla Convenzione sintetizzano la pratica storicamente adottata sulle questioni marittime e la volontà comune dei Paesi. Il testo originale della Convenzione non fa altro che rispettare la consuetudine internazionale. Il Tribunale Arbitrale, invece, negando il passato, ha violato le finalità e lo spirito di base della Convenzione.
Il ruolo svolto dal diritto internazionale nel mantenimento dell'attuale ordine internazionale è indiscusso. Negli anni dopo la Seconda guerra mondiale i rapporti internazionali si sono sviluppati in maniera abbastanza stabile e il ruolo svolto dal diritto internazionale in tal senso è stato sicuramente insolito. Nei 70 anni dalla Guerra, il diritto internazionale si è evoluto in modo considerevole, con centinaia di Trattati internazionali firmati dalla comunità internazionale per standardizzare la condotta degli Stati e le attività in diversi ambiti. Dal pianeta in cui viviamo allo spazio, dalla sicurezza al controllo degli armamenti, dallo sviluppo economico alla tutela ambientale, dai diritti dell'uomo alla cooperazione in materia giudiziaria, il diritto internazionale si ha conosciuto totale applicazione. Qualsiasi Paese nei rapporti diplomatici non può non tenere in considerazione il diritto internazionale. In altre parole, il diritto internazionale non è altro che uno standard di condotta comunemente riconosciuto dalla comunità internazionale, senza il quale l'ordine internazionale precipiterebbe nel caos lasciando prendere il sopravvento alla legge della giungla.
Da questo punto di vista, l'abuso di potere da parte delle Filippine e del Tribunale Arbitrale compromette l'autorevolezza del diritto internazionale, senza trascurare l'impatto che questo può avere sulla stabilità dell'ordine internazionale. Merita di essere ricordato che dietro il caso di arbitrato sul Mar Cinese Meridionale presentato dalle Filippine, c'è il ruolo, noto a tutti, svolto dagli Stati Uniti, paese estraneo alla regione. Coloro che hanno dimestichezza con l'approccio USA negli affari esteri saprà che ciò che gli americani ripetono a gran voce è la "tutela dello Stato di diritto internazionale". Ma perché gli Stati Uniti a cui sta tanto a cuore il diritto internazionale gettano benzina sul fuoco appoggiando le violazioni delle Filippine e del Tribunale Arbitrale? Il diritto internazionale che gli Stati Uniti dicono di voler rispettare è solo nella tutela di quelle leggi internazionali a loro vantaggio. Basta che rispecchino i propri interessi strategici che le violazioni del diritto internazionale diventano "un atto nella tutela del diritto internazionale".
Come ha affermato uno studioso durante il seminario del 26 giugno scorso: "la forzatura imposta oggi dalle Filippine richiedendo unilateralmente l'arbitrato contro la Cina, potrebbe accadere domani a qualche altro Paese. Se il Tribunale Arbitrale, nell'applicazione erronea della legge, dovesse arrivare ad una conclusione che non conforme alla realtà dei fatti né alla legge, la stessa logica distorta potrebbe essere applicata alle dispute territoriali o marittime tra altri Paesi". Questi timori sono piuttosto realistici. Se i comportamenti irresponsabili di Filippine, Stati Uniti e del Tribunale Arbitrale sulla questione del Mar Cinese Meridionale non vengono affrontati di petto, di certo verrà messa a repentaglio l'autorità del diritto internazionale stesso, oltre che costituire una seria minaccia per l'ordine mondiale attuale. In quest'ottica, la ferma opposizione della Cina all'abuso del diritto internazionale non è solo nella tutela della propria sovranità territoriale, ma anche nella salvaguardia della stabilità e della pace mondiale.
02 LUGLIO 2016
@Riproduzione riservata