Pechino, 8 set.- La Cina dovrebbe dotarsi di un sistema per accumulare riserve strategiche di minerali, da impiegare nel caso di improvvisa scarsità di queste risorse: lo ha dichiarato il presidente dell'associazione di settore Xu Xu, durante una conferenza a Pechino. "L'importazione di minerali e di prodotti finiti derivati è diventato uno dei colli di bottiglia del nostro sviluppo industriale - ha detto Xu - e potrebbe trasformarsi in una minaccia per la sicurezza economica della Cina". Secondo Xu il sistema dovrebbe includere tanto materie prime che prodotti finiti e porre nella disponibilità del governo le riserve detenute da compagnie pubbliche e da aziende private. I dati elaborati da CRU International Ltd. mostrano che la Cina, il primo consumatore di minerali al mondo, importa già rispettivamente il 40% e il 60% del suo fabbisogno di risorse cruciali come il rame e il minerale di ferro; un'eventuale crisi che privasse anche momentaneamente il paese di questi beni potrebbe rivelarsi un Tallone d'Achille capace di comprometterne i progetti di crescita a lungo termine.
"Il sistema potrebbe essere diretto dall'Ufficio Nazionale per le Riserve, con una suddivisione di compiti tra le aziende pubbliche e quelle private; le prime incaricate di accumulare le risorse e le seconde di gestire la produzione" ha concluso Xu, secondo il quale Pechino deve comunque continuare a ricercare investimenti all'estero. Il Dragone, che ne è il primo produttore al mondo, ha già tagliato del 72% la quota di "terre rare" destinate all'esportazione per la seconda metà del 2010: si tratta dei 17 metalli che nella Tavola Periodica degli Elementi - il sistema di classificazione dei metalli naturali elaborata dagli scienziati tra il 19esimo e il 20esimo secolo - occupano i posti più bassi, ma la cui importanza, viceversa, è sempre più determinante per gli equilibri strategici globali: i minerali terre rare (cerio, lantanio, europio, itterbio, etc.) sono necessari nella produzione di componenti delle macchine a tecnologia avanzata - dai computer agli iPhone, dalle lampadine a basso consumo ai componenti per le pale eoliche, fino ai sistemi di controllo dei missili balistici e dei carri armati - oltre che per le batterie al litio e i motori elettrici per le automobili ''ibride''.
Attualmente circa il 95% di questi materiali impiegati nelle fabbriche mondiali proviene dalla Cina, che detiene anche il 53% delle risorse globali: pur trattandosi di metalli necessari per la produzione di tecnologie "verdi", l'estrazione di queste risorse comporta spesso dei costi ambientali elevatissimi, e Pechino, dopo anni di sfruttamento indiscriminato, sembra decisa a evitare nuovi casi di inquinamento delle acque e dei terreni coltivabili.
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