Pechino, 30 giu.- "E' solo una questione di tempo": così il portavoce del ministero del Commercio cinese Yao Jian ha commentato la proposta del taglio delle tasse sui beni di lusso importati. I ministri delle Finanze e del Commercio, ha aggiunto Yao, vogliono sottoporre all'approvazione del Consiglio di Stato la proposta di attuare misure in grado di incrementare le importazioni e tra queste figurerebbero anche i tagli delle tasse sui beni di lusso. Una manovra che permetterebbe al Dragone di raggiungere l'obiettivo prefissato di raddoppiare le importazioni entro il 2015 al fine di riequilibrare la bilancia commerciale. "Le autorità hanno raggiunto un accordo sulla riduzione delle tasse di importazione su alcuni beni, sebbene poi nello specifico ci siano alcune divergenze di opinioni" ha aggiunto il portavoce del ministero senza scendere nel dettaglio.
Le parole di Yao Jian, oltre a smentire le voci circolate la scorsa settimana secondo cui tali tagli non sarebbero mai stati attuati, destano nuove polemiche. Sono in molti a criticare al governo di puntare su un settore di nicchia: "Non tutte le persone possono permettersi di acquistare beni di lusso, anzi sono prodotti inaccessibili per la maggior parte dei cinesi" ha dichiarato Yang Zhiqing, vice direttore della Scuola di Tassazione dell'Università centrale di Finanza ed Economia. "La riduzione delle tariffe non dovrebbe includere solo prodotti di alta gamma, ma anche beni di prima necessità" ha aggiunto Zhou Shijiang.
Nella forbice dei tagli non rientrano infatti latte in polvere o generi alimentari ma solo beni di lusso, cosmetici, alcol e sigarette. Secondo le stime della World Luxury Association, con un PIL pro-capite in aumento e una maggiore conoscenza dei brand, la Cina diventerà entro il 2012 il più grande consumatore al mondo di beni di lusso strappando il primato al Giappone. Un mercato che si aggirerà attorno ai 14,6 miliardi di dollari. E tra i marchi preferiti dai cinesi compaiono soprattutto quelli italiani cui il Padiglione Italia all'Expo di Shanghai ha fatto da volano. Lo dimostrano i dati dell'export verso la Cina che da settembre 2010 a marzo 2011 è cresciuto del 31,40%. E se i settori dell'abbigliamento e della meccanica sono cresciuti 'appena' del 33% e del 39%, a subire una vera e propria impennata sono stati il comparto dei mobili e della gioielleria lievitati rispettivamente al +60,29% e al +81,46%.
Ma le proiezioni dell'industria cinese rivelano anche che i consumatori cinesi spendono all'estero quattro volte di più in prodotti di lusso rispetto che in Cina a causa delle alte tariffe doganali e delle tasse elevate. Secondo quanto emerso da uno studio del ministero del Commercio, in Cina prodotti quali cosmetici, latte in polvere, orologi, abbigliamento, calzature, valigeria e pelletteria, liquori e articoli di elettronica sono soggetti a una tassazione sulle importazioni che li rende più costosi rispettivamente del 45%, 50% e 72% rispetto ad Hong Kong, agli Stati Uniti e alla Francia. Ed è proprio la Francia ad aver trovato nei cinesi il più numeroso gruppo di consumatori stranieri, clienti che, secondo un sondaggio di Global Refund, solo nel 2010 avrebbero speso nel Paese più di 650 milioni di euro in articoli duty free. Una 'miniera d'oro' destinata ad esaurirsi in Francia così come nel resto d'Europa non appena la riforma entrerà in vigore.
"Questi tagli dovrebbero stimolare la domanda interna e invogliare i consumatori a spendere di più in patria" ha dichiarato Liu Huan, adviser del Consiglio di Stato e vice direttore della Scuola di Tassazione dell'Università centrale di Finanza ed Economia. Non solo. Riducendo le tariffe, ha poi aggiunto Liu, la Cina onora gli impegni del WTO. Sin dalla sua entrata nel 2011 nell'Organizzazione mondiale del Commercio le tariffe sulle importazioni sono scese in media a 9,8% dal 15,3%, mentre quelle sui beni di lusso sono rimaste al 30% con picchi del 65% sui vini.
di Sonia Montrella
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