PECHINO: "PESCHERECCIO, INCIDENTE COMUNE"

Pechino, 8 nov.- A due giorni dall'arresto del capitano del peschereccio cinese trovato al largo delle isole Goto, arriva la risposta di Pechino: "Stiamo indagando sul caso, ma si tratta di un semplice incidente molto comune nell'ambito delle attività legate alla pesca" ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei. "Gestiremo il caso nel modo più opportuno e secondo quanto previsto dalla legge nazionale" aveva dichiarato domenica il capo di Gabinetto Osamu Fujimura nel corso di una conferenza stampa. "Ci auguriamo che i giapponesi adotteranno misure concrete per risolvere quanto prima la questione nel rispetto degli interessi e dei diritti del capitano del peschereccio" ha riferito Hong Lei. Pechino ha commentato l'accaduto con toni pacati mettendo a tacere quanti avevano preannunciato una nuova rottura nelle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Una reazione che contrasta nettamente con quella avuta nell'ottobre dello scorso anno quando una vicenda simile portò la Cina a interrompere le relazioni con Tokyo.
Cosa è cambiato? Domenica scorsa Zhang Tianxiong - questo il nome del quarantasettenne capitano del peschereccio - si trovava a 60 kilometri di distanza dalle isole Goto, a sud ovest del Giappone nella prefettura di Nagasaki, quando una motovedetta nipponica ha intimato all'uomo di fermare l'imbarcazione affinché fosse sottoposta a un controllo. Il peschereccio è però fuggito ignorando l'ordine dei guardacoste che hanno rincorso per 4 ore l'imbarcazione. A quel punto per l'uomo sono scattate le manette e attualmente è ancora in stato di fermo con l'accusa di violazione della legge sulla pesca in zone economiche esclusive giapponesi.
A ottobre dello scorso anno una collisione avvenuta al largo delle isole Diaoyu tra un peschereccio cinese e due motovedette nipponiche sancirono l'inizio di un lungo braccio di fero che portò le relazioni tra i due Paesi al minimo storico. All'incidente seguì infatti l'arresto dell'equipaggio, rilasciato subito dopo, e del capitano dell'imbarcazione Zhan Qixiong, trattenuto invece per oltre 15 giorni sull'isola di Ishigaki con l'accusa di aver intenzionalmente provocato l'urto. La mossa fece infuriare Pechino che non esitò a congelare i rapporti bilaterali a livello ministeriale e a cancellare tutti gli incontri con il Sol Levante già fissati in agenda. Poi il disgelo con il rilascio dell'uomo ottenuto secondo molti con il blocco da parte della Cina delle esportazioni verso il Giappone di "terre rare" - minerali di cui il Dragone detiene circa il 97% della produzione mondiale e indispensabili nella fabbricazione di merci come computer, iPhone, lampadine a basso consumo e componenti per le pale eoliche -, paralizzandone così la produzione.
Stesso casus belli, diverso però lo scenario: mentre il peschereccio balzato in questi giorni agli onori della cronaca si trovava in acque giapponesi nel Mar Cinese orientale, quello dello scorso anno era stato sorpreso mentre solcava acque contese. Quelle delle isole Diaoyu, per la precisione, la cui territorialità è rivendicata da lungo tempo da entrambe le potenze attratte da un sottosuolo che secondo le proiezioni cinesi nasconde circa 20mn di barili di petrolio e gas naturale, pari quindi al 20% delle riserve cinesi stimate.
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