Pechino fa i conti con la bolla del debito
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Pechino fa i conti con la bolla del debito

Pechino fa i conti con la bolla del debito

Cina. L'esposizione pubblica oscilla, secondo stime indipendenti, tra il 70 e il 90% del Pil
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SHANGHAI. Dal nostro corrispondente
Imprenditori in fuga dai debiti. Linee ferroviarie che non hanno i fondi per arrivare al capolinea. Enti locali che nuotano in profondo rosso.
Dopo un decennio di sbornia da crescita, la Cina scopre all'improvviso di avere un problema in comune con il resto del mondo: il debito. Un debito, pubblico e privato, di cui non si conosce neppure sommariamente l'entità. Il che, se si considera che i numeri del Dragone assumono sempre dimensioni macroscopiche, fa ancor più paura.
I primi segnali di allarme sono arrivati un paio di mesi fa, quando Pechino ha deciso finalmente di mettere il naso nei conti degli enti locali. Al termine di un'accurata indagine, gli auditor governativi hanno scoperto che le amministrazioni locali hanno accumulato un debito di 10.700 miliardi di yuan (1.240 miliardi di euro).
Una cifra colossale, pari a quattro volte il debito greco, che rappresenta il 27% del Pil cinese, il 22% dei prestiti bancari nazionali, e il 180% del patrimonio netto di tutte le istituzioni finanziarie del Paese. I risultati dell'audit hanno avuto l'effetto di una bomba ai piani alti della nomenklatura cinese. Per due ragioni: perché una precedente indagine del 2010 aveva stimato che l'esposizione delle amministrazioni locali ammontasse a 3mila miliardi di yuan (350 miliardi di euro) in meno; e perché il Governo centrale garantisce per legge quasi il 90% del debito degli enti locali.
Neanche il tempo di digerire il rospo del debito locale, e Pechino ha scoperto (o meglio, ha deciso finalmente di svelarne l'esistenza) di avere tra le mani un'altra patata bollente: quella del credito privato. Quest'ultimo è un canale di finanziamento parallelo costituito da centinaia di migliaia di operatori - aziende, botteghe, consorzi, famiglie, individui - che prestano denaro a chi non riesce a ottenerlo dalla banche.
Secondo le stime, oggi i crediti informali ammonterebbero a 4mila miliardi di yuan (465 miliardi di euro). La maggior parte di questi finanziamenti è stata erogata a favore delle piccole e medie imprese operanti in settori ad alto assorbimento di capitale e a elevato rischio di bolla speculativa, come l'immobiliare e il minerario. Se in futuro, come lasciano presagire le recenti fughe di imprenditori strangolati dai debiti (a Wenzhou se ne contano a decine), il numero dei creditori insolventi dovesse aumentare, per il sistema finanziario cinese sarebbero guai seri.
L'ultimo campanello di allarme sui conti in rosso del Dragone è suonato un paio di giorni fa: il ministero delle Ferrovie, oberato da 1.800 miliardi di yuan di debiti (210 miliardi di euro), ha ammesso apertamente di non avere i quattrini per completare nei tempi previsti alcune linee ferroviarie ad alta velocità. Insomma, se l'Occidente, a causa dell'indigestione di debiti dell'ultimo decennio è in sala rianimazione, la Cina ha come minimo un brutto mal di pancia. Con un problema in più: la difficoltà, se non l'impossibilità, di diagnosticarne la causa.
A quanto ammonta oggi il debito pubblico di Pechino? A giudicare dall'elasticità dei numeri che fioccano da tutte le parti, nessuno è in grado di calcolarlo. Il 20% del Pil, secondo il Governo (che adotta criteri contabili diversi dagli standard americani ed europei), cui bisogna aggiungere almeno un altro 30% di esposizione in capo agli enti locali. Tra il 70 e il 90% del Pil, come stimano diversi economisti indipendenti. Il 160% del Pil, come paventa Gordon Chang, la nota (ma inattendibile) Cassandra che da oltre dieci anni prevede un collasso della Cina innescato dall'insolvenza a catena delle banche domestiche.
A tutto ciò bisogna aggiungere il debito privato, altra galassia enorme e ancora più sconosciuta di quella pubblica, che fa capo in gran parte a un settore immobiliare che scricchiola sempre più pericolosamente. Con un'economia reale che dà evidenti segnali di rallentamento (l'indice Pmi elaborato da Hsbc indica la terza contrazione mensile consecutiva dell'attività manifatturiera), e una domanda mondiale che rischia il congelamento, forse il cavaliere bianco cinese invocato dai Paesi europei, prima di andare in soccorso del Vecchio Continente, dovrà pensare a mettere ordine negli affari di casa propria.
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Crescono i finanziamenti
I prezzi dell'immobiliare in Cina sono in costante crescita da dieci anni. La spirale alimenta la paura che si stia creando una bolla immobiliare, con epicentro nelle megalopoli. Ad aumentare i timori è il costante indebitamento per comprare casa che non passa dal sistema ufficiale creditizio ma da un sistema parallelo di intermediari privati

01/10/2011
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