PECHINO E IL FINANZIAMENTO DEI GOVERNI LOCALI

Di Geminello Alvi


                                  
Ancona, 2 lug.- Possono ormai trarsi alcune conclusioni circa il tentativo di Pechino di rendere meno contorto il finanziamento dei suoi governi locali. Com'è noto essi devono infatti sobbarcarsi la maggior parte delle spese infrastrutturali, non hanno però  autonomia nella riscossione delle imposte. Di qui è derivata la pratica di costituire delle imprese ad hoc, appunto le LFGV, per finanziarsi sul mercato dei capitali e quello bancario. Con un indebitamento che in tal maniera tuttavia non compare nei bilanci pubblici, e che secondo alcuni analisti alla fine dello scorso anno sarebbe ammontato a 21 miliardi di yuan, circa il 33% del PIL, in crescita notevole rispetto all'anno precedente. E a peggiorare le cose, c'è stato il fatto che  parte consistente dei governi provinciali ha dovuto far conto sulla vendita di terreni per il servizio del debito, in una fase delicata del  mercato immobiliare.

Ed ecco spiegato perché il governo centrale ha concesso a dieci province lo scorso anno di sperimentare l'emissione di obbligazioni in conto proprio. Tra l'altro esiste dal marzo di quest'anno anche un programma di swap debito-obbligazioni, in maniera che le provincie possano rifinanziare i loro prestiti in scadenza con l'emissione di obbligazioni; mentre la banca centrale accetta le obbligazioni dei governi provinciali come garanzia nelle sue operazioni di mercato aperto. In breve  dovesse consolidarsi questa riforma la gestione finanziaria delle provincie risulterà pertanto più limpida. Secondo il capo economista dell'ufficio cinese dell'Asian Development Bank però le obligazioni transitate attraverso i LFGV sono ammontate a cinque volte le altre. E una questione delicata, resta quella del rating delle nuove emissioni provinciali e delle agenzie alle quali affidarlo. Del resto ancora secondo il capo economista dell'ADB di Pechino Conrad la riforma non può dirsi avviata completamente. Per migliorare la situazione finanziaria delle province cinesi si richiederebbe una quota di imposte più alta e resta comunque non chiaro se le città potranno essere ammesse a finanziarsi direttamente.

 

2 luglio 2015


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