PECHINO CONTRO NUOVA DELHI NEL MAR CINESE MERIDIONALE

PECHINO CONTRO NUOVA DELHI  NEL MAR CINESE MERIDIONALE

Pechino, 29 set.- Il colosso energetico di Stato indiano ONGC ha diffuso alcuni giorni fa un comunicato nel quale annunciava di voler continuare le esplorazioni nel Mar Cinese Meridionale insieme ai suoi partner vietnamiti, sfidando di fatto le numerose affermazioni del governo di Pechino secondo le quali la Cina "vanta un'indiscutibile sovranità sull'intero Mar Cinese Meridionale".

 

 

"Procederemo con le esplorazioni nei giacimenti che ci sono stati assegnati- ha dichiarato all'AFP un executive di ONGC che preferisce rimanere anonimo- secondo un'agenda adeguata alle nostre capacità tecniche. Il giacimento si trova ampiamente all'interno del confine dei nostri partner vietnamiti".

 

 Il comunicato di ONGC arriva a un giorno esatto di distanza dalle dichiarazioni della portavoce del ministero degli Esteri di Pechino Jiang Yu, secondo le quali "qualsiasi esplorazione nell'area senza il permesso della Cina è da ritenersi illegale".

 

 

Con l'entrata in scena dell'India la situazione si complica ulteriormente: il Mar Cinese Meridionale è attraversato da tensioni e controversie, in un complesso mosaico di dispute territoriali e mire energetiche che vede coinvolti, oltre a Cina e Vietnam, anche Filippine, Brunei, Taiwan e Malaysia, tutti impegnati a rivendicare porzioni di territori come le isole Spratly e le isole Paracel, pugni di scogli praticamente inabitabili, ma ritenuti ricchi di gas e petrolio.

 

 

La Cina avanza di gran lunga le ambizioni più ampie: il Dragone sostiene che le sue acque territoriali si allargano a quasi tutto il Mar Cinese Meridionale, per un'area di quasi 1.7 milioni di chilometri quadri. Ambizioni contrastate in via ufficiale anche dagli Stati Uniti, che lo scorso anno, per bocca del segretario di Stato Hillary Clinton avevano assicurato che la libera circolazione nell'area costituisce "interesse nazionale americano".

 

 

Secondo quanto riporta il portale di informazione economica cinese China 5e, legato al Falcon Group Investment, società di investimento fondata nel 1999 da partner cinesi, la Cina punta a produrre greggio e gas per l'equivalente di 500mila barili al giorno dai giacimenti nel Mar Cinese Meridionale nel 2015, e intende arrivare a quota un milione di barili nel 2020.

 

 

Nel 2010 CNOOC –il leader cinese dell'offshore- ha ricavato dai giacimenti della zona circa 290mila barili: i nuovi obiettivi, quindi, indicano di fatto che Pechino intende più che triplicare l'estrazione nel giro di soli dieci anni.

 

 

"Nonostante la capacità cinese di effettuare estrazioni offshore nelle sue acque territoriali sia in aumento, riteniamo che Pechino agirà con moderazione nello sfruttamento unilaterale delle risorse energetiche al di là delle 200 miglia marine dalla costa cinese- si legge nel rapporto pubblicato da China 5e- per non catalizzare ulteriormente i sentimenti anticinesi in questa zona".

 

 

"Shanghai Waigaoqiao Shipyard- prosegue il dossier- ha realizzato la HYSY 981, capace di estrarre fino 12mila metri di profondità. La Cina è entrata così a far parte del ristretto club di nazioni che posseggono un equipaggiamento di estrazione per l'alta profondità, ma è anche l'unica nazione che ha in corso serie dispute con i paesi vicini".

 

 

Ma alle previsioni di China5e non sta corrispondendo una politica altrettanto moderata: dal marzo di quest'anno si è assistito a numerosi casi in cui navi cinesi hanno fronteggiato imbarcazioni vietnamite e filippine. All'inizio di marzo una nave filippina che stava conducendo esplorazioni in un'area contesa nella Reed Bank, al largo delle Isole Spratly, era stata circondata da due imbarcazioni militari cinesi; Manila aveva reagito inviando alcuni aerei nella zona. A giugno, secondo quanto riferito dalle autorità di Hanoi, un'imbarcazione cinese avrebbe sconfinato nelle acque territoriali del Vietnam nel tentativo di tranciare i cavi posti ad altra profondità da un'imbarcazione vietnamita. Rimasto intrappolato, l'equipaggio cinese ha richiamato sul posto altre due navi di Pechino, che hanno circondato la nave vietnamita. Le Filippine hanno lamentato negli ultimi mesi almeno cinque sconfinamenti, e sia Manila che Hanoi hanno espresso lamentele formali all'ONU.

 

 

L'India, che teme l'accerchiamento degli interessi cinesi nell'area del Sudest Asiatico (la cosiddetta "strategia del filo di perle") collabora con il Vietnam fin dal 1990 nell'ambito di quella che viene definita "politica dello sguardo ad est". L'affaire ONGC rischia di esacerbare ulteriormente le tensioni tra Pechino e Nuova Delhi, che nel 1962 combatterono una breve ma sanguinosa guerra in seguito a una disputa sul confine himalayano.

 

 

di Antonio Talia

 

 

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