PECHINO BOICOTTA VERTICE AMICI DELLA SIRIA

Roma, 23 feb.- Pechino ha declinato l'invito a partecipare all'incontro di venerdì a Tunisi organizzato dagli "Amici della Siria". Lo ha riferito l'agenzia Xinhua citando il portavoce del ministro degliEsteri Hong Lei che non ha aggiunto dettagli sui motivi del rifiuto. Ingiornata, interrogato sulla decisione di Pechino, il portavoce delministero degli Esteri cinese Hong Lei aveva ribadito di nuovo che ilgoverno "sta studiando il ruolo e il meccanismo del meeting". Giorni fagli Stati Uniti avevano sollecitato Pechino a partecipare all'incontrodi Tunisi dando così "un segnale importante e la prova del fatto che laCina è pronta a lavorare fianco a fianco degli Amici per ripristinarel'ordine in Siria".
Il gruppo composto da Stati Uniti, Unione europea e alcuni Paesi della Lega Araba -creato in risposta al veto posto da Cina e Russia alla risoluzione delConsiglio di Sicurezza dell'Onu contro la Siria - si incontrerà nellacapitale tunisina per arrivare a un accordo internazionale che mettafine alle violenze in atto sotto il regime di Assad. Resterà però vuotala sedia di Mosca, che ha declinato l'invito giorni fa accusando gli"Amici" di sostenere solo le forze di opposizione chiamate apartecipare, al contrario dei membri del governo siriano, al verticetunisino.
Fautore del principio di "non ingerenza" nelle questioni interne di altri Paesi,per il governo cinese la risoluzione del conflitto è possibile soloattraverso il dialogo. La posizione del Dragone è "più sfumata rispettoa quella della Russia" ha sottolineato in un'intervista al FinancialTimes Li Weijian dell'Istituto di Studi Internazionale di Shanghai. Duelinee diverse che, al di là di qualsiasi motivazione ufficiale,riflettono chiaramente i rapporti che le due potenze tessono conDamasco. "Mentre Mosca ha relazioni di lunga data con la Siria, di cuiè anche il primo fornitore di armi, Pechino ha meno interessi in ballo"ha dichiarato Li. Almeno stando ai numeri: gli investimenti cinesi inSiria hanno un valore stimato pari a meno di 20 milioni di dollari,sono presenti nel Paese 30 compagnie del Gigante asiatico in cuilavorano meno di 100 cinesi. Pochi soprattutto se si pensa ai 30milacittadini che sono stati rimpatriati dalla Libia.
Il non-interventismo della Cina, ha spiegato Li Weijian, rappresenta il caposaldo della politica estera del Dragone.
Il perché è chiaro: "il governo ha capito che quella è la stradamigliore per tutelare al meglio i propri interessi, nonostante abbiafatto sì che la Cina sia stata vista come la sostenitrice di governidittatoriali". "La storia recente ci ha dimostrato che in pochi casil'intervento esterno ha portato la pace e la prosperità, come promessodall'Occidente. In Iraq, Somalia e Afganistan, dove le potenze esteresono arrivate per portare aiuti, scorre ancora il sangue" si leggevain un editoriale dell'agenzia Xinhua dello scorso fine settimana. "APechino non interessa che ci sia Assad o qualcun altro" sostiene Li.
"Quando noi cinesi parliamo di dialogo spesso ci si accusa di essereschierati dalla parte delle autorità in carica, ma non è così. Secambia la leadership, il governo cinese intrattiene buone relazioni conil nuovo governo". Tuttavia, secondo molti esperti, la posizioneneutrale di Pechino ha vita breve visto che lo spargimento di sangue inSiria non accenna a diminuire.
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