Pechino blocca i tassi e rafforza lo yuan
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Pechino blocca i tassi e rafforza lo yuan

Pechino blocca i tassi e rafforza lo yuan

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TOKYO. Dal nostro inviato
Combattere l'inflazione che avanza senza continuare ad alzare i tassi: sembra questo la nuova strategia di varie banche centrali asiatiche, che temono il contraccolpo sulle loro economie di un rallentamento della domanda da parte dei Paesi avanzati.
In prima fila è la Cina, che ieri ha lanciato il segnale di preferire a ogni ulteriore giro di vite della politica monetaria un rafforzamento più rapido dello yuan come risposta alle tensioni interne sui prezzi, con un occhio alla ricerca di una stabilizzazione dei mercati. La Borsa di Shanghai ha registrato ieri il maggior guadagno giornaliero da un mese (con l'indice-guida in progresso dell'1,3%) proprio perché gli investitori stanno scommettendo sul fatto che lo scenario negativo incombente sulle economie occidentali stia modificando gli orientamenti della Banca centrale, che per il terzo giorno consecutivo ha pilotato al rialzo lo yuan a un altro massimo storico. Con la parità centrale fissata ieri a 6,3991 sul dollaro, la divisa cinese realizza il maggior rialzo del riferimento - nel giro di due giorni - dal febbraio 2008 (+3,1% da inizio anno), il che ha provocato tra i trader la sensazione che sia possibile una svolta, forse addirittura in direzione di un aumento della fascia di oscillazione giornaliera consentita (rispetto all'attuale 0,5%). Mentre lo yuan ha chiuso le contrattazioni di ieri a 6.3945 (+0,37%), il China Securities Journal ha riferito che nelle alte sfere si pensa che l'inflazione - salita al massimo triennale del 6,5% a luglio - abbia ormai raggiunto un picco, tale da consentire un cambio di marcia dopo i tre rialzi dei tassi avvenuti quest'anno.
Non ha questa convinzione la Banca centrale coreana, che pure ieri - dopo il terzo rialzo di quest'anno deciso a giugno - ha lasciato invariati i tassi di riferimento al 3,25%, ben al di sotto di una inflazione che viaggia a un tasso annuo del 4,7%: la motivazione esplicita dello stop - per quanto l'inflazione appaia destinata a restare alta - viene indicata nell'incremento dei rischi per la crescita economica del Paese. L'allarme è alto in una nazione tanto dipendente dall'export, che negli ultimi giorni ha visto l'indice di Borsa accusare il maggior ripiegamento dall'ottobre 2008, cosa che ha indotto le autorità di regolamentazione a intraprendere alcune misure "decisioniste" , tra cui il bando alle vendite allo scoperto. Per quanto in astratto i tassi sudcoreani andrebbero ancora rialzati «l'ipotesi è diventata improbabile e anzi, se le condizioni economiche globali peggiorassero, potremmo assistere a una loro riduzione», afferma Lee Sang Jae, economista della Hyundai Securities, secondo cui, del resto, le pressioni inflazionistiche dovrebbero attenuarsi in caso di recessione negli Usa e in Europa.
Esposte a shock della domanda esterna e a flussi o riflussi eccessivi di capitali, le nazioni dell'Asia emergente - nel vertice che sta entrando nel vivo a Manado, in Indonesia - dovrebbero annunciare passi avanti negli sforzi per creare un blocco economico dell'Asia orientale che dipenda sempre meno dal commercio con gli Stati Uniti.
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12/08/2011
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