Pechino annuncia meno esecuzioni
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Pechino annuncia meno esecuzioni

Pechino annuncia meno esecuzioni

Diritti umani. La Corte suprema assicura: sempre più commutazioni delle pene di morte in ergastoli
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Dario Aquaro
Nessuna rivoluzione garantista, ma la Cina si dice pronta a ridurre ogni anno le condanne a morte, fino ad arrivare a «un numero estremamente piccolo», e a commutare più sentenze capitali in pene detentive. «Nelle attuali situazioni e condizioni di sicurezza sociale - ha spiegato il vice presidente della Corte suprema Zhang Jun - è impossibile per il paese abolire la pena di morte». Viene comunque assicurato «un importante impegno a controllare rigorosamente l'applicazione della sanzione da parte degli organi giudiziari».
Pechino continua a non fornire cifre ufficiali, la pena di morte viene ancora considerata un segreto di stato, ma negli ultimi anni le condanne capitali sono andate progressivamente diminuendo. Anche se i numeri rimangono elevati. Per Amnesty International sono 1.718 le esecuzioni avvenute in Cina nel 2008, il 72% del totale nel mondo. Il rapporto rilasciato ieri dall'organizzazione Nessuno tocchi Caino parla invece di almeno 5mila persone. In entrambe le classifiche dei paesi boia, Pechino resta stabile al primo posto.
Il calo delle esecuzioni è cominciato nel 2001, quando la Cina fu scelta quale sede delle Olimpiadi del 2008. Alla diminuzione ha poi contribuito soprattutto la riforma giudiziaria entrata in vigore nel gennaio 2007 e in base alla quale ogni sentenza di morte emessa da tribunali di grado inferiore deve essere rivista dalla Corte suprema. «Il più grande cambiamento del codice penale da più di vent'anni», lo definì l'allora presidente del massimo tribunale, Xiao Yang. Oggi, la stessa Corte ha reso noto di aver annullato il 15% delle condanne esaminate nel 2007 e nei primi sei mesi del 2008.
Il 10 marzo 2009, presentando il suo rapporto alla sessione annuale dell'Assemblea nazionale del popolo, il presidente della Corte suprema, Wang Shengjun, senza fornire statistiche, ha solo reso noto che nel 2008, su oltre un milione di condannati dai vari tribunali cinesi, 159.020 erano stati «condannati a morte, all'ergastolo o a oltre cinque anni di carcere». Sui dettagli, la cortina del segreto. In Cina la pena capitale viene comminata per più di 60 reati, inclusi quelli non violenti, come il peculato, l'evasione fiscale, il traffico di droga. Un'applicazione che, secondo Nessuno tocchi Caino, conosce un doppio standard: «funzionari pubblici che si appropriano indebitamente di milioni sono condannati a morte con la sospensione della pena che gli risparmia la vita, mentre comuni cittadini condannati per aver rubato molto meno muoiono con l'iniezione letale o con un colpo alla nuca», recita il rapporto.
L'ultimo esempio viene dal caso dell'ex presidente della Sinopec, Chen Tonghai. Accusato di aver intascato tangenti per quasi 29 milioni di dollari, condannato a morte dal tribunale del popolo, sentenza sospesa per due anni «considerato che ha confessato e si è pentito», Chen sarà giudicato dalla Corte suprema. Qui si svela il nodo. Nelle sue dichiarazioni di ieri, Zhang non ha indicato in che modo l'autorità giudiziaria intende ridurre progressivamente le persone da mandare al patibolo. Ma ha spiegato che nei tribunali del popolo saranno incoraggiate proprio le sentenze di «condanna a morte con sospensione della pena». Una soluzione che consentirebbe in seguito alla Corte suprema di convertire le condanne per i colpevoli che mostrino di pentirsi o si impegnino a risarcire i parenti delle vittime. He Waifeng, professore alla Peking University: «Nel corso della storia cinese, si è sempre messa enfasi sulle esecuzioni pubbliche, meglio se truci. Ma la civiltà si è evoluta, ed è tempo di abbandonare, o almeno limitare severamente, l'uso della pena capitale».
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Numeri e tendenze
La Cina è sempre prima al mondo per numero di condanne capitali. Amnesty International parla di 1.718 esecuzioni nel 2008. Per Nessuno tocchi Caino sarebbero invece almeno 5mila le persone condannate a morte l'anno scorso da Pechino
Secondo il rapporto diffuso ieri dall'organizzazione, nella classifica dei paesi "boia" la Cina è seguita da Iran (346 condanne), Arabia Saudita (102) e Corea del Nord (63). Quinti gli Stati Uniti con 37 esecuzioni
Sono 46 i paesi in cui nel 2008 è stata applicata la pena di morte. Un numero comunque in costante calo: dai 54 del 2005, si è passati ai 51 del 2006 e ai 49 del 2007

30/07/2009
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