Pechino: « Americani irresponsabili»
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Pechino: « Americani irresponsabili»

Pechino: « Americani irresponsabili»

L'agenzia di rating Dagong preannuncia il declassamento Usa la settimana prossima
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TOKYO. Dal nostro inviato
Anche senza prese di posizione con il crisma dell'ufficialità, sono ormai segnali precisi di esasperazione quelli che si levano dal'Asia verso Washington per il perdurare dell'empasse sul debito Usa, mentre le valute regionali si rafforzano e le Borse cedono terreno di fronte alla prospettiva ravvicinata di un nuova crisi finanziaria globale.
In primo piano è balzato il linguaggio durissimo di alcuni mass media di Pechino per l'«irresponsabilità» dei politici americani, mentre l'agenzia di rating cinese Dagong ha preannunciato che probabilmente già lunedì o martedì procederà a un downgrading del debito sovrano Usa, anche se all'ultimo momento il sospirato compromesso tra democratici e repubblicani dovesse materializzarsi: «La fiducia degli investitori è già stata intaccata», ha detto alla Reuters il presidente dell'agenzia Guan Jianzhong, che già nel novembre scorso (dopo il lancio del controverso secondo round di allentamento quantitativo da parte della Federal Reserve) aveva ridotto il rating americano a A-plus da doppia A. Un eventuale default, secondo il Quotidiano del Popolo, organo del partito comunista cinese, potrebbe non solo indebolire il dollaro, ma innescare «un'alluvione» di liquidità su scala mondiale che alimenterebbe l'inflazione nei paesi emergenti. Per l'agenzia ufficiale Xinhua i politici americani sono «pericolosamente irresponsabili» ed è una disgrazia per tutti che tengano in tanto poca considerazione la solidità dell'economia mondiale, diventata loro «ostaggio». La stessa agenzia paventa che un default Usa inneschi una recessione globale molto più severa di quella provocata dalla crisi finanziaria del 2008, mentre il China Securities Journal ha rilevato che il braccio di ferro in corso a Washington suggerisce uno scenario di debolezza a lungo termine del dollaro in grado di infiammare i prezzi delle materie prime e rafforzare una minaccia inflazionistica globale. Per contro, Pechino ha fatto filtrare una nuova indicazione del suo senso di responsabilità sul piano internazionale, sotto forma di disponibilità a supportare il programma europeo di buyback obbligazionario finalizzato ad alleggerire il peso del debito che grava sulla Grecia.
All'ansietà del principale creditore degli Stati Uniti fa riscontro quella che si percepisce a Tokyo: il secondo creditore di Washington non può permettersi ulteriori cedimento del dollaro nei confronti di uno yen che ieri è arrivato a quota 77,46, distante solo poco più di un punto dal massimo storico toccato il 17 marzo scorso. La retorica su un possibile nuovo intervento maschera la sensazione che nemmeno una incursione governativa sul mercato dei cambi potrebbe risultare efficace se a Washington non sarà trovato alcun accordo. Al di là dell'effetto negativo sull'export e quindi sull'avvio della sua ripresa economica, Tokyo trema all'idea di una crisi finanziaria internazionale, ora che ha annunciato come il piano di ricostruzione post-terremoto comporterà in autunno un terzo budget straordinario da 13mila miliardi di yen, per il quale sarà necessaria l'emissione massiccia di appositi bond. Per una curiosa coincidenza, il ministero delle finanze ha nominato un nuovo capo della "diplomazia valutaria", Takehiko Nakao, un veterano - esperto anche di faccende americane - che entrerà in carica il 2 agosto, il "giorno della verità" per la tenuta del debito Usa.
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30/07/2011
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