Pechino, 2 feb. – La tensione tra Washington e Pechino non accenna a scemare. Dopo il caso Google, il discorso di Hillary Clinton al Newseum, le polemiche sull'apprezzamento dello yuan e la partita di armi venduta a Taiwan, è la volta della dichiarazioni di Yao Jian, portavoce del Ministero del Commercio. Sul sito del dicastero è apparsa la risposta cinese alle barriere protezionistiche che gli Stati Untiti innalzano da mesi sui cavi elettrici e l'acciaio proveniente dal Paese di Mezzo. Tit for tat, ovvero pan per focaccia tra i due giganti. "Il protezionismo americano colpisce pesantemente le relazioni commerciali tra i nostri due paesi, la prima potenza mondiale dovrebbe alleviare le proprie misure di compensazione commerciale" – si legge sul sito – e ancora "da quando è scoppiata la crisi finanziaria, il protezionismo degli Stati Untiti si è intensificato, e la Cina è divenuta la principale vittima degli abusi americani". Le ragioni su cui è costruita l'argomentazione di Yao Jian vedono la Cina come il terzo mercato di sbocco per il Made in Usa (nel 2009 la Cina ha importato beni per un valore complessivo di 77,4 miliardi di dollari; di riflesso, il deficit della bilancia commerciale statunitense nei confronti del Dragone si è ridotto del 16%), nonché come Paese la cui "politica di apertura" agli investimenti economici stranieri garantisce un ambiente favorevole tanto alle imprese nazionali che alle imprese internazionali. Infine, il terzo pilastro del contro-attacco sferrato dal portavoce ministeriale si basa su una motivazione di respiro globale; per dirla con le sue parole "alcuni Paesi ricorrono al protezionismo commerciale, ma sul medio periodo questa scelta gli si ritorce contro. Questo non è solo irrazionale, ma è soprattutto controproducente per la ripresa economica".