PECHINO-TEHERAN: LEGAMI E CONTRASTI

Pechino, 11 gen.- Crescita economica e stabilità finanziaria, ma per Timothy Geithner in visita in Cina questi sono soprattutto i giorni dell'Iran: il segretario del Tesoro Usa si trova a Pechino per discutere delle sanzioni contro il programma nucleare iraniano, che stanno incontrando l'opposizione della leadership cinese. A che punto è la partnership economica ed energetica tra Pechino e Teheran? La Cina continua a invocare soluzioni diplomatiche per la crisi iraniana e respinge l'impiego di sanzioni finanziarie, ma nel corso del 2011 i rapporti tra l'Impero di Mezzo e il regime degli ayatollah hanno attraversato alcune turbolenze.
L'affaire del giacimento di South Pars
China National Petroleum Corporation (il più importante gruppo energetico cinese) vanta accordi per aumentare la produzione dei giacimenti di Azadegan e di South Pars, il più grande giacimento di gas naturale del mondo, diviso tra Iran e Qatar.
Ma tra giugno e dicembre CNPC ha ricevuto già due volte le lamentele di Teheran: gli iraniani chiedono un'accelerazione nei lavori sullo sviluppo di South Pars, e minacciano la rescissione di un affare che vale miliardi di dollari. CNPC aveva ritardato le esplorazioni sin dal 2010, quando firmò un contratto da 4.7 miliardi di dollari per sviluppare la fase 11 di South Pars, dopo che l'Iran aveva escluso la francese Total. Non si tratta delle uniche rimostranze di Teheran: qualche mese prima CNOOC, altro gigante energetico del Dragone, aveva liquidato le sue quote del giacimento North Pars. Un abbandono avvenuto –secondo anonimi funzionari cinesi- su diretta pressione del governo di Pechino.
"A mio avviso stiamo assistendo a un tacito accordo nel quale le società cinesi attive in Iran non lanciano nuovi investimenti né rilevano quelli abbandonati da altri paesi a causa delle sanzioni cui è sottoposta Teheran, e in cambio si garantiscono uno schermo contro le sanzioni che gli Usa potrebbero applicare in virtù degli investimenti precedenti" ha dichiarato Erica Downs, ricercatrice della Brooking Institution specializzata nelle questioni energetiche dell'Impero di Mezzo.
Le dispute sui prezzi
Sinopec, il più importante raffinatore di tutta l'Asia e il primo cliente cinese dell'Iran, riceve forniture di greggio da Teheran attraverso la controllata Unipec. Tuttavia, secondo quanto riferito da fonti cinesi alla Reuters, a gennaio Unipec potrebbe ricevere 165mila barili di greggio iraniano in meno al giorno, circa un terzo dei 500 mila barili giornalieri acquistati in media nel 2011.
Colpa del fallimento di un negoziato: NIOC (National Iranian Oil Company) e Unipec non sono riuscite finora a trovare un accordo sul prezzo di circa 260mila barili al giorno per il 2012. Gli iraniani chiedono prezzi più alti e termini più brevi per il pagamento.
Petrolio contro merci: si torna al baratto?
Le richieste iraniane si fanno sempre più pressanti proprio a causa delle restrizioni già applicate dagli Stati Uniti, che Washington vorrebbe ulteriormente incrementare fino a rendere praticamente impossibile l'accesso ai mercati finanziari Usa a tutti gli istituti di credito che fanno affari con la Banca centrale di Teheran (questo articolo)
Le sanzioni americane su Teheran rendono estremamente complicato condurre trattative su affari denominati in dollari, e hanno paralizzato il settore bancario iraniano limitandone gli spazi di manovra per stringere accordi con le banche internazionali. Secondo una notizia pubblicata nel luglio scorso dal Financial Times e da altri media internazionali, le sanzioni americane hanno impedito alla Cina di pagare all'Iran forniture di greggio per l'equivalente di almeno 20 miliardi di dollari.
I due Paesi avrebbero allora intavolato una trattativa per saldare il debito attraverso un sistema di baratto: merci cinesi contro petrolio iraniano. La notizia è stata seccamente smentita tanto dal portavoce del ministero degli Esteri di Teheran che dalle società iraniane, ma già nel febbraio 2010 il vicedirettore della Camera di Commercio Iran- Cina Majid- Reza Hariri aveva dichiarato che la Cina è diventato il primo partner commerciale di Teheran, superando l'Unione europea. Com'è possibile? Attraverso triangolazioni che passano da Dubai: la metà del commercio tra Iran e Emirati Arabi Uniti (15 miliardi di dollari annui) sarebbe costituito, in realtà, da beni inviati dalla Cina attraverso gli E.A.U., un dato che Pechino smentisce seccamente.
La partita diplomatica
Mercoledì, dopo gli incontri di Geithner con i funzionari cinesi, gli americani mostrano ottimismo: "Abbiamo ragionevoli possibilità di convincere un certo numero di Paesi a non acquistare petrolio iraniano" ha detto uno degli uomini al seguito del segretario del Tesoro statunitense. Ma i segnali ufficiali che al momento arrivano dalla leadership di Pechino non mostrano cambiamenti nella posizione ufficiale: la Cina ha nuovamente invitato l'Iran e l'Agenzia Atomica Internazionale a "incrementare la collaborazione" e a "chiarire le questioni relative al programma nucleare iraniano".
L'Iran rappresenta per la Cina il terzo fornitore di greggio dopo Arabia Saudita e Angola. I dati ufficiali della dogana cinese mostrano che nei primi nove mesi del 2011 l'Iran ha spedito 20.3 milioni di tonnellate di greggio in Cina, un aumento di circa un terzo rispetto alle quote dell'anno precedente: Pechino importa da Teheran circa l'11% del petrolio che consuma ogni anno.
La partita in corso sul nucleare iraniano si snoda su più scacchiere e i prossimi giorni saranno decisivi. Giovedì Geithner volerà a Tokyo per cercare l'appoggio del Giappone, altro grande partner energetico degli ayatollah, specialmente dopo il disastro della centrale nucleare di Fukushima.
Ma si presta particolare attenzione anche ai programmi di Wen Jiabao. Nel fine settimana il primo ministro cinese visiterà Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi Uniti in quello che appare sempre più come un viaggio per la ricerca di nuove sponde energetiche: lunedì prossimo, Teheran potrebbe essere ancora più isolata.
di Antonio Talia
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