Pechino, 22 lug.- La Banca centrale di Pechino potrebbe consentire a una svalutazione dello yuan sul dollaro "se fosse necessario": lo ha dichiarato Zhou Qiren, membro della Commissione Politiche Monetarie al quotidiano giapponese Asahi Shinbun. "La Cina non sta mostrando segnali di un 'double dip'- ha detto Zhou- ma adesso che lo yuan è più flessibile, il tasso di cambio della valuta può anche declinare, qualora fosse necessario per sostenere le esportazioni". Lo yuan, che è una moneta non convertibile, è da tempo al centro di polemiche: nel luglio 2008 le autorità di Pechino hanno sospeso la riforma avviata nel 2005, che aveva permesso alla valuta cinese una maggiore fluttuazione, e hanno adottato un effettivo ancoraggio al dollaro che, secondo Washington e Bruxelles, ha garantito alla Cina un vantaggio sleale negli scambi internazionali. Da quando il mese scorso People's Bank of China ha adottato una più ampia banda di oscillazione, lo yuan si è apprezzato dello 0,7% sul biglietto verde, una rivalutazione che molti, negli Stati Uniti e nell'Unione europea, ritengono ancora insufficiente. A giugno le esportazioni cinesi hanno raggiunto la cifra record di137.4 miliardi di dollari, ma secondo gli economisti cinesi le incertezze che gravano sui mercati internazionali rendono difficile la replica simili risultati nel resto dell'anno.
"Il tasso di cambio dello yuan sul dollaro ha quasi raggiunto un livello appropriato - ha dichiarato il senior economist di Industrial Bank Lu Zhengwei - e rimane poco spazio per un'ulteriore rivalutazione. D'altra parte, lo yuan si è già mostrato abbastanza flessibile su altre monete, come l'euro, la sterlina britannica e lo yen". Posizioni che, c'è da scommettere, non lasceranno indifferenti dall'altra parte del Pacifico: ad aprile il Tesoro USA aveva ritardato la consegna di un rapporto che avrebbe potuto etichettare ufficialmente la Cina come nazione manipolatrice di valuta, dando il via a una spirale di ritorsioni commerciali. Il dossier, pubblicato recentemente, non conteneva accuse così gravi, ma in molti, al Congresso di Washington, sembrano pronti a dare battaglia.
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