PBoC «INFLAZIONE E' ANCORA LA PRIORITA'»
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PBoC «INFLAZIONE E' ANCORA LA PRIORITA'»

PBoC «INFLAZIONE E' ANCORA LA PRIORITA'»

Lotta all'inflazione
PBoC «INFLAZIONE E' ANCORA LA PRIORITA'»
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Pechino, 12 set.- People's Bank of China non abbassa la guardia: nonostante i dati diffusi venerdì scorso abbiano mostrato una leggera flessione dell'inflazione nel mese di agosto, con un comunicato pubblicato lunedì mattina, la Banca centrale di Pechino ha affermato che la riduzione del costo della vita rimane ancora in cima alla sua agenda.

 

"La nostra nazione è riuscita a tenere sotto controllo diversi fattori che hanno causato l'aumento dei prezzi, ma i fondamentali non sono stati eliminati e il raggiungimento di un livello stabile dei prezzi costituisce ancora l'obiettivo primario nei controlli macro-economici" si legge nel comunicato di PBoC.

 

I dati pubblicati dall'Ufficio Nazionale di Statistica di Pechino sabato scorso mostrano che ad agosto l'indice dei prezzi al consumo è cresciuto del 6.2% rispetto allo stesso periodo del 2010, una lieve frenata rispetto al +6.5% di luglio, che segnava il record degli ultimi tre anni. Entrambi i risultati sono comunque ampiamente al di sotto del tetto del 4% che rimane l'obiettivo fissato dal governo per il 2011. I prezzi di agosto sono stati trascinati al rialzo da un aumento del 13.4% del costo del cibo, inferiore al +14.8% di luglio, ma comunque troppo elevato per un paese in cui le famiglie più povere spendono metà delle loro entrate in generi alimentari.

 

Il comunicato della Banca centrale di Pechino  - emesso nel giorno della festa d'autunno - deluderà tutti coloro che dopo la riduzione della pressione inflazionaria si attendevano che la Cina  avrebbe rallentato le politiche monetarie restrittive dell'ultimo periodo, fatte di aumenti dei tassi d'interesse, riduzione del credito e altre misure necessarie ad evitare il surriscaldamento del sistema. Nonostante le difficoltà dell'economia globale - tra crisi del debito pubblico europeo e crescita zero dell'occupazione negli Stati Uniti - Pechino vuole evitare che l'inflazione provochi il malcontento tra la popolazione, e non intende assumersi da sola il ruolo della locomotiva che trascinerà il mercato mondiale fuori dalla crisi.

 

Eppure, gli altri segnali che arrivano dall'Impero di Mezzo, lasciano un sottile spiraglio di speranza. L'import è aumentato del 30% e i nuovi prestiti hanno largamente superato le previsioni, toccando 548.5 miliardi di yuan (62 miliardi di euro), tutti dati che secondo alcuni analisti lasciano intuire la capacità della Cina di destreggiarsi tra sostegno alla crescita e necessità di fermare l'inflazione.

 

"La Cina sembra meno dipendente dalla domanda estera e più fiduciosa sui consumi interni e sugli investimenti - ha commentato in una nota l'economista di Australia & New Zealand Banking Group Ltd. Liu Li-gang – e quindi mentre la situazione globale peggiora l'impatto su Pechino potrà essere meno evidente di quello della crisi finanziaria del 2008". Secondo Li tutti questi dati denotano un'economia robusta e allontanano le prospettive di 'hard landing', cioè di un brusco risveglio dopo le politiche di stimolo varate all'indomani della crisi causata dai mutui subprime.

 

Se il Dragone sceglierà di impiegare questa forza per sostenere le economie in affanno o se invece tenterà di concedersi un dorato isolamento è una decisione che riposa solo nei vertici del governo cinese.

 

di Antonio Talia

 

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