Opportunità e rischi del mercato cinese
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Opportunità e rischi del mercato cinese

Opportunità e rischi del mercato cinese

Fashion Summit
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FIRENZE
I grandi marchi della moda made in Italy ci sono già e stanno crescendo, quelli medio-piccoli vorrebbero seguirli, ma l'accesso al mercato cinese non è affatto facile, come è emerso ieri nella decima edizione del Fashion global summit di Class editori organizzata in Palazzo Vecchio a Firenze e dedicata proprio alla Cina. «La taglia aziendale diventa sempre più critica – ha sottolineato Luigi Gubitosi, country manager di Bank of America-Merrill Lynch Italia – e per chi è piccolo e medio il percorso è in salita; in questa fase gli elementi che fanno la differenza in Asia sono la qualità, la distribuzione e la comunicazione».
A questi fattori Xing Heping, vicepresidente del comitato scientifico per i centri commerciali della Camera di commercio generale cinese, ha aggiunto la conoscenza della cultura locale: «Dovete cercare di abbassare l'entry level del lusso per allargare il mercato – ha consigliato. Sulla stessa linea Mario Boselli, presidente della Camera della moda –. I cinesi hanno già i grandi marchi e ora vogliono i marchi medi, che magari costano un po' meno». Proprio per aiutare i middle brand italiani a entrare nel mercato cinese, Sistema moda Italia (Smi) ha aperto un ufficio a Shanghai: «Ma non dimentichiamo che per adesso vale di più l'export di tessile che quello di abbigliamento – spiega il presidente di Smi, Michele Tronconi – e questo significa che, se vuole crescere, l'Italia dovrà avere attenzione all'intera filiera».
In ogni caso quello cinese resta un mercato dalle grandi potenzialità, che per la sola fascia del lusso si prevede varrà 28 miliardi di dollari nel 2015. Normale, dunque, che marchi globali come Gucci e Ferragamo vi stiano investendo, anche se non possono adagiarsi sugli allori. «Stiamo lavorando con McKinsey a un piano a cinque anni per capire come evolverà il mercato cinese che viaggia a ritmi velocissimi», ha spiegato Michele Norsa, ad di Ferragamo, che in Cina realizza più del 20% del fatturato e ha aperto altri 28 negozi negli ultimi tre anni. «Chi ha considerato i cinesi come facili consumatori ha sbagliato approccio», ha aggiunto Patrizio di Marco, presidente e ad di Gucci.
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14/12/2011
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