Oligarchi alla conquista dell'oro russo
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Oligarchi alla conquista dell'oro russo

Oligarchi alla conquista dell'oro russo

BUSINESS NEL MONDO - INDUSTRIA MINERARIA
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Sergio A. Rossi
MOSCA
In Russia si riapre una nuova "corsa all'oro", questa volta non più con slitte e picconi, ma con le nuove tecnologie estrattive dell'Artico. Nel frattempo le quotazioni del metallo prezioso, dopo avere raggiunto il record storico a fine novembre di quasi 1.200 dollari l'oncia sui mercati mondiali, ieri superavano di poco i 1.100 dollari, con previsioni di rialzo tra 1.300 e 1.500 dollari nel 2010, mentre la produzione in Russia corre quest'anno sul 12-14 per cento. Si parla ormai di un aumento previsto a 205 tonnellate entro fine 2009, contro le 184,5 tonnellate del 2008.
Diversi oligarchi sono quindi interessati allo sviluppo dell'industria russa dell'oro, che è una delle più redditizie del mondo, malgrado i principali giacimenti si trovino in aree climaticamente difficili, come sul territorio siberiano di Krasnojarsk e quelli della Chukotka, Penisola tra i ghiacci nell'Estremo Oriente russo, o ancora nella valle dell'Amur, dove sopravvive ancora qualche rara tigre, e vi era la frontiera un tempo controversa con la Cina.
In realtà, l'industria dell'oro russa, in cui lavorano circa 400mila addetti, è ancora piuttosto frazionata in circa 600 piccole e medie società, a parte i casi della Poljus Gold, della Peter Hambro, oggi ribattezzata Petropavlovsk, e della Polymetall. Queste società sono tutte al di sopra del 4.5% della produzione di oro russa, e insieme arrivano quasi al 32% del totale. La più importante, Poljus Gold, che appartiene all'oligarca Mikhail Prokhorov, produce quasi il 21% della produzione russa, ma appare a fatica tra i primi dieci produttori mondiali di oro, in maggioranza società canadesi e sudafricane.
Inoltre, le riserve provate d'oro russo sono oggi le seconde al mondo dopo il Sudafrica, in una congiuntura internazionale della produzione di questo minerale in flessione del 2-3% annuo.
Russia e Cina sono infatti i paesi in cui oggi la produzione cresce e Mosca, che aveva perso terreno dopo la disgregazione dell'Urss, perdendo soprattutto i campi auriferi di Uzbekistan e Kazakhstan, oggi sta passando in tre anni dal settimo-ottavo al quinto posto mondiale, dopo Cina, Usa, SudAfrica e Australia, fornendo circa l'8% della produzione complessiva.
L'aumento della produzione nel 2009 è dovuto soprattutto all'entrata in sfruttamento quest'anno di un gruppo di miniere in Siberia orientale, in primo luogo della miniera Kupol della canadese Kinross, e di quella Karalvejem, situate nella lontana Chukotka. Altre miniere in crescita sono la Pokrovskij della britannica ex Peter Hambro/Petropavlosk, e la Berezitovij, della High River Gold, entrambe nella regione dell'Amur. Ma ve ne sono ancora altre, come la miniera Sovrudnik, nel territorio siberiano di Krasnojarsk.
Il premio più ambito per l'immediato futuro sarà comunque lo sfruttamento in concessione della miniera Sukhoi Log, che si trova a 850 chilometri a nord-est della città di Irkutsk. Sukhoi Log è l'unico grande giacimento definito "strategico", ed è quindi chiuso alla maggioranza degli investitori stranieri. Con riserve rivalutate oggi a 2.956 tonnellate di oro e 1.451 tonnellate di argento, il giacimento richiederà un investimento di almeno 1,9 miliardi di dollari, per produrre da solo 57,9 tonnellate di oro (1,86 milioni di once).
Tuttavia, lo sviluppo futuro dipenderà anche dalla rapidità con la quale emergeranno tecnologie ancora più avanzate per l'estrazione del metallo prezioso. In questo modo si potranno sfruttare giacimenti ancora più "difficili" o lontani, che fino a poco tempo fa venivano classificati come poco attraenti proprio per difficoltà operative. «Ora vi sono già tecnologie, quasi da fantascienza, che consentono di estrarre l'oro persino dai ghiacci artici» sottolinea il settimanale moscovita Expert, ma occorre andare oltre.
Tra gli investitori che finora hanno fatto buoni affari sull'oro in Russia possiamo citare Millhouse Capital dell'oligarca Roman Abramovic, che nel 2008 comprò per 400 milioni di dollari la società Highland Gold, oppure Poljus Zoloto di Prokhorov, che ha acquisito in estate il 50,1% della società Kazakh Gold.
Non a caso, i costi di estrazione nelle miniere russe sono finora assai inferiori a quelli mondiali: tra 300 dollari per oncia di Peter Hambro a 380-400 dollari per Poljus Zoloto e Polymetall, in confronto ai 500 dollari e oltre della canadese Barrick Gold, il primo produttore mondiale di oro in assoluto. Per la Kazakh Gold si scende poi fino a 250 dollari l'oncia. Nessuna meraviglia quindi se l'oro russo interessa molti investitori russi e internazionali, che ne giudicano le prospettive assai promettenti.
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Già a capo di Norilsk Nickel, 44 anni, Mikhail Prokhorov è il presidente di Poljus Gold, il più grande produttore russo di oro. Secondo la rivista Forbes, è l'uomo più ricco di Russia

Uomo d'affari con interessi che spaziano dalla finanza al calcio, Roma Abramovitch, 43 anni, è proprietario della holding Millhouse Capital, attraverso la quale ha comprato nel 2008 la società mineraria Highland Gold

22/12/2009
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