Pechino, 04 feb. - Barack Obama inasprisce la posizione americana sul fronte dell'apprezzamento dello yuan: "L'approccio che stiamo sostenendo è di agire molto più duramente sul rispetto delle regole già esistenti, esercitando una pressione costante sulla Cina e su altri paesi per ottenere una reciprocità nell'apertura dei mercati" ha detto ieri il Presidente degli Stati Uniti durante l'incontro con i senatori del Partito Democratico. "Una delle sfide con le quali dobbiamo confrontarci è quella dei tassi di cambio internazionali – ha detto ancora Obama – per assicurarci che i prezzi dei nostri prodotti non vengano artificialmente gonfiati mentre quelli dei loro beni risultino invece artificialmente bassi". La risposta di Pechino, ovviamente, non si è fatta attendere, : "Il valore dello yuan non è la principale ragione del nostro surplus commerciale nei confronti degli Stati Uniti – ha dichiarato oggi il portavoce del ministero degli Esteri cinese Ma Zhaoxu – al momento il livello dello yuan è ragionevole e bilanciato. Accuse e pressioni non aiutano certo a risolvere il problema". Lo yuan/renminbi – da tempo nel mirino di americani ed europei, che la ritengono sottostimata – è una moneta non convertibile: nel 2005, quando il tradizionale ancoraggio al dollaro venne sospeso per fare posto a un tasso di cambio vincolato alle fluttuazioni di un paniere di divise internazionali (tra cui euro e yen giapponese), la valuta cinese si apprezzò progressivamente di circa il 20% sul biglietto verde; un processo interrotto nel maggio 2007, alle prime avvisaglie della crisi globale, quando Pechino frenò la rivalutazione per proteggere le esportazioni cinesi, riducendo il collegamento con il paniere di valute. Secondo un recente rapporto del Peterson Institute for International Economics, un think-tank statunitense molto vicino al governo di Washington, al momento lo yuan risulterebbe sottostimato di circa il 30% contro tutte le valute internazionali e addirittura del 40% sul biglietto verde. Recentemente qualche spiraglio su un eventuale apprezzamento dello yuan era giunto dal World Economic Forum di Davos, dove il vicegovernatore della banca Centrale Zhu Min aveva lasciato intendere che la Cina era pronta a un eventuale apprezzamento solo quando le altre economie avrebbero "ritirato il loro pacchetto di stimoli all'economia"; la strada, però, sembra ancora tutta in salita. Lo scambio di stoccate sulla valuta cinese, inoltre, va inquadrato anche in un contesto più ampio, che nelle ultime settimane ha visto Cina e Usa fronteggiarsi a muso duro su diverse questioni, dalla libertà di espressione sul web dopo il caso Google, fino alla fornitura di armi statunitensi a Taiwan e al prossimo incontro di Barack Obama col Dalai Lama.