Roma, 16 nov.- Si apre un nuovo capitolo della diatriba sulle norme restrittive che investono il web. E i protagonisti sono ancora una volta Google e le cosiddette " barriere doganali del XXI secolo": Cina, Vietnam, Turchia, Russia e altri Paesi.
Google continua fermamente a criticare la "politica cibernetica" di questi Paesi, soprattutto a fronte del fatto che un numero sempre crescente di governi – negli ultimi dieci anni si è registrato un aumento del 10% - sta aderendo alla censura del web. Gli strumenti non sono nuovi: misure di sorveglianza strette e normative segrete che richiedono licenze onerose e il più delle volte discriminanti nei confronti delle società straniere, limitando di molto gli scambi commerciai tra i diversi paesi. Google ha esortato le nazioni europee a "onorare gli obblighi dell'Accordo Generale sul Commercio dei Servizi (GATS)" e a lottare contro le restrizioni, chiedendo la libera circolazione di informazioni su internet e l'apertura di nuovi negoziati, per proteggere gli interessi commerciali degli Stati Uniti. Il commercio su internet a livello mondiale, ha dichiarato Google, potrebbe raggiungere i mille miliardi di dollari, ma questa pesante censura potrebbe danneggiarlo enormemente.
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Un successo possibile solo grazie alla rinuncia di Li di trasferire Baidu sull'indirizzo di Hong Kong, accettando il compromesso della censura e delle restrizioni imposte dalla Cina. Il prossimo passo di Baidu, ha aggiunto poi Li, sarà quello diventare il principale concorrente di Google a livello internazionale.
di Marta Giansanti