Pechino, 14 ott.: L'immensa mole di riserve in moneta estera sulla quale la Cina è seduta raggiunge un nuovo record: secondo i dati diffusi dalla State Administration of Foreign Exchange, alla fine di settembre si è toccata quota 2648 miliardi di dollari, con un balzo di ben 194 miliardi di dollari nell'ultimo trimestre. Pechino, com'è noto, aumenta le riserve in valuta estera ogniqualvolta la Banca centrale acquista titoli denominati in moneta straniera e vende la propria valuta sui mercati stranieri; cosa che rende la composizione delle riserve uno dei migliori indicatori pubblici sulle politiche del governo relative alle limitazioni sulle fluttuazioni dello yuan. Secondo molti analisti, in particolare, quest'ultimo record –che arriva giusto dopo la timida riforma sul tasso di cambio dello yuan del giugno scorso- segnala che i mercati stanno ancora effettuando pressioni per una rivalutazione della moneta cinese, e che la Banca centrale sta resistendo. "Quest'ultimo enorme aumento renderà difficile per la Cina sostenere l'argomentazione secondo la quale i suoi interventi sullo yuan non sono una delle principali cause degli squilibri sui mercati mondiali" ha dichiarato l'economista di Capital Economics Mark Williams.
Da quando Pechino ha sospeso l'ancoraggio al dollaro nel giugno scorso, lo yuan si è apprezzato sul biglietto verde di circa il 2.3%, una cifra decisamente inferiore alle pressioni esercitate da Washington e Buxelles sulla Cina. Il tasso di cambio dello yuan sarà presumibilmente l'argomento caldo del prossimo G20, in programma a Seoul a novembre, mentre altre economie, dal Giappone alla Corea del Sud, sono intervenute sui propri tassi per sostenere le esportazioni sulla falsariga di quanto già fatto da Pechino. "Se un paese mantiene artificialmente basso il valore della sua moneta non sta rispettando le regole del G20" ha dichiarato ieri il primo ministro giapponese Naoto Kan. Secondo Tom Orlik, analista di Stone & Mc Carthy a Pechino, gli ultimi dati hanno "piazzato un bersaglio sulla fronte della Cina nella nuova guerra valutaria che è in corso". L'esatta composizione delle riserve cinesi non è nota, ma si stima che circa i due terzi siano detenuti in titoli americani, cosa che rende Pechino il primo sostenitore del debito pubblico americano.
di Antonio Talia
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