Roma, 24 giu.- Continua il braccio di ferro tra gli operai cinesi e la Toyota. Nello stabilimento della Denso Guangzhou Nansha, azienda di componenti elettrici e sensori che rifornisce la Toyota, circa 200 lavoratori hanno incrociato le braccia per chiedere un aumento salariale. Le proteste hanno provocato il blocco immediato della produzione dello stabilimento cinese che fabbrica i modelli Yaris, Camry e Highlander. Funzionari governativi e membri delle unioni dei sindacati sono stati inviati alla Denso per risolvere la disputa. "Le trattative sono in corso" spiega la portavoce dell'azienda cinese Shen Meihua, che aggiunge: "Pensiamo di poter raggiungere un accordo oggi stesso". Più incerta è invece la posizione della Toyota "Non sappiamo ancora quando potrà ripartire la produzione" fa sapere la portavoce della compagnia Ririko Takeuchi. La scorsa settimana la Toyota era rimasta chiusa per tre giorni a causa di un altro sciopero indetto dai lavoratori dello stabilimento di Tianjin, nel nord della Cina. Le attività sono riprese solo in seguito a una rinegoziazione dei salari. Quello della Denso è solo l'ultimo di una serie di scioperi che ha colpito gli stabilimenti di aziende straniere dislocate in ogni parte del Paese: ad accendere la miccia sono stati gli operai della Foshan nel Guangdong, dove l'Honda produce componentistica per automobili, poi è stata la volta della Kentucky Fried Chicken di Shenyang nel nordest della Cina, della Foxconn, della KOK Machinery di Kunshan, della Honda bloccata dalle proteste della Honda Lock e infine della Toyota che ha scatenato la rabbia dei lavoratori annunciando la decisione di voler aumentare la produzione annua di 100mila unità. Il messaggio è chiaro: i cinesi non sono più disposti a farsi sfruttare, hanno raggiunto una nuova consapevolezza di sé e lottano per i propri diritti. Una consapevolezza dettata non solo da una evidente necessità – i bassi salari non sono sufficienti per sopravvivere in città sempre più costose –, ma anche da un continuo confronto con l'aumento dei colletti bianchi. E nella protesta gli operai trovano l'appoggio del premier Wen Jiabao il quale ha dichiarato che "i lavoratori della nuova generazione non possono essere soddisfatti dalle stesse dure condizioni accettate in passato dai loro genitori". Sembra quindi che l'era della produzione a basso costo e dello sfruttamento dei lavoratori stia tramontando. Della stessa opinione è anche il Quotidiano del Popolo che riflette la posizione ufficiale del Partito Comunista Cinese e che qualche giorno fa scriveva: "Il modello 'Made in China' si trova ad un punto di svolta" aggiungendo che l'accorciamento delle distanze tra i ricchi e i poveri è necessario per "mantenere la stabilità sociale nel Paese".
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