di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 11 giu. - Le organizzazioni non governative presenti in Cina verranno regolamentate in futuro da una nuova legge con controlli più severi degli attuali. In base a una bozza di legge presentata nelle scorse settimane, a tutte le seimila organizzazioni no-profit verrà richiesto di trovarsi uno sponsor riconosciuto dalle autorità cinesi - come, per esempio, un'agenzia sotto il controllo del governo centrale - per continuare a operare nel Paese. Le Ong dovranno poi presentare entro il 30 novembre di ogni anno il piano delle attività per i dodici mesi successivi. Il rischio, per molte organizzazioni no-profit che non soddisferanno i nuovi requisiti, è quello di dovere lasciare la Cina.
La bozza di legge non definisce perfettamente le Ong - categoria nella quale potrebbero rientrare, oltre alle organizzazioni no-profit, anche associazioni di imprenditori e le stesse università straniere presenti in Cina - e allarga lo spettro delle istituzioni nel mirino del nuovo regolamento. Il governo cinese, secondo una nota emessa nei giorni scorsi dalla Delegazione dell'Unione Europea in Cina citata dall'agenzia Reuters, starebbe cercando di utilizzare questa nuova legge per "mettere a tacere il dissenso", e nello scenario peggiore, la registrazione forzata dei vari gruppi no-profit costituirebbe una sorta di "condanna a morte per burocrazia" per molte Ong, come affermato da un dipendente di un ente non governativo presente in Cina.
Alla base della nuova legge ci sarebbe la paura dell'amministrazione cinese di "rivoluzioni colorate" all'interno del Paese, uno dei timori evidenziati dallo stesso presidente cinese, Xi Jinping, già nei primi giorni del suo mandato come segretario generale del Pcc, nel novembre 2012. In base alla nuova legge i responsabili delle Ong straniere presenti in Cina che verranno accusati di "tentata sovversione all'ordine dello Stato" potranno essere detenuti fino a quindici giorni ed essere soggetti a multe per un ammontare complessivo di trecentomila yuan, circa 48mila euro al cambio attuale.
Negli ultimi anni, la Cina ha più volte denunciato quelle che definisce come interferenze straniere nelle proprie attività. Un documento emesso dal Comitato Centrale del Partito, noto come "numero nove", metteva in guardia i funzionari del Pcc riguardo ai rischi connessi all'adozione di libertà date per scontate nelle democrazie dell'Occidente. In più occasioni, la stampa cinese ha parlato di "forze straniere ostili" alla Cina riguardo a questioni di sovranità nazionale, come le dispute di sovranità nel Mare Cinese Meridionale, tuttora in corso con alcuni Paesi della regione. Nell'annuncio della riforma dell'ordinamento giudiziario dello scorso ottobre, il quarto plenum del Pcc aveva sottolineato come la giustizia in Cina debba seguire la via dello "stato di diritto con caratteristiche cinesi", dove rimane inalterato il ruolo guida al Partito Comunista Cinese rispetto alla magistratura.
11 giugno 2015
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