NOMURA: IMMOBILIARE "A UN PUNTO CRITICO"

Pechino, 21 nov.- Resa dei conti per il mercato immobiliare cinese? I dati pubblicati venerdì mostrano nel mese di ottobre un calo dei prezzi delle proprietà in 33 delle 70 principali città cinesi, e segnano così la peggiore performance da quando il governo ha reso ancora più severe le regole sul real estate e ha deciso di non diffondere più i prezzi medi delle case.
"Probabilmente in Cina il mercato immobiliare ha già raggiunto un punto critico - ha dichiarato a Bloomberg l'economista di Nomura basato a Hong Kong Zhang Ziwei - dato che i dati stanno peggiorando a un ritmo molto veloce. A causa di questo crollo, la crescita economica cinese potrebbe scendere al di sotto dell'8% nel primo trimestre del prossimo anno".
Il mercato immobiliare cinese è da tempo in pieno surriscaldamento: i prezzi delle proprietà sono raddoppiati nell'arco di cinque anni, e nel solo 2010 sono cresciuti del 18% in tutta la nazione. Fin dall'aprile dello scorso anno il governo ha lanciato numerose misure per contenere i continui aumenti, tra cui il divieto di acquisto di più di un appartamento in alcune metropoli, l'aumento obbligatorio degli anticipi da versare e alcuni esperimenti di tasse sulla proprietà. L'acquisto di una casa è ormai diventato proibitivo per la classe media, tanto da generare grosse tensioni sociali: "I prezzi degli immobili commerciali sono ancora ben lontani dagli obiettivi del governo e dalle aspettative dei cittadini - aveva detto il premier Wen Jiabao in un recente discorso al Consiglio di Stato -, alcuni governi locali non stanno applicando con decisione le misure di controllo decise dal governo centrale e i risultati devono essere ancora stabilizzati".
Ma nonostante recentemente il primo ministro abbia riaffermato la linea del contenimento dei prezzi delle case, molti osservatori ritengono che Pechino sarà costretta ad allentare i controlli sul settore: gli alti costi delle proprietà rimangono una preoccupazione politica immediata, ma alcuni analisti ritengono che preso i prezzi potrebbero scendere addirittura del 25%. Un crollo del real estate potrebbe sprofondare la fiducia dei consumatori proprio mentre l'Unione europea si dibatte nella crisi del debito pubblico e gli Stati Uniti non riescono a ripartire, senza contare che il settore immobiliare costituisce una voce fondamentale del bilancio delle amministrazioni locali e degli investimenti.
Le ragioni della corsa al mattone degli ultimi anni sono numerose, e vanno dal peculiare sistema con il quale sono gestite le concessioni in Cina - in un complesso e spesso opaco intreccio tra costruttori e governi locali - fino alla mancanza di strumenti avanzati di investimento, che spesso costringono le famiglie a puntare tutto sull'immobiliare. Ma secondo molti osservatori una spinta decisiva, che ha formato una vera e propria bolla speculativa, si è manifestata nella stagione 2009-2010, quando le banche - per contrastare la crisi globale su impulso del governo - hanno concesso nuovi prestiti per 17500 miliardi di yuan (al cambio attuale circa 2024 miliardi di euro), gran parte dei quali sono andati a finire proprio nel real estate e in progetti infrastrutturali.
A complicare ulteriormente la situazione ci sono le LIC, acronimo che sta per Local Investment Companies. Si tratta di agenzie semipubbliche, veicoli finanziari - ai cui vertici siedono uomini di fiducia delle amministrazioni, quando non gli stessi funzionari locali - che hanno ottenuto credito dalle banche presentando come garanzia il più importante asset che possiedono: la terra, che in Cina è di proprietà dello stato. Secondo un rapporto della China Banking Regulatory Commission pubblicato dal settimanale Caixin nel luglio dello scorso anno, le LIC avrebbero ottenuto prestiti per 7660 miliardi di yuan (825 miliardi di euro, al cambio attuale), dei quali il 23% andrebbe ormai classificato come credito in sofferenza e il 50% avrebbe un esito "incerto". Secondo una stima indipendente del gruppo di ricercatori della Northwestern University of Illinois sotto la guida del professor Victor Shih, i prestiti concessi alle LIC ammonterebbero invece a più di 11mila miliardi di yuan (al cambio attuale 1273 miliardi di euro).
Ecco allora che un crollo improvviso dei prezzi potrebbe contagiare le banche cinesi, che vantano una quantità imprecisata di crediti dalle aziende del settore immobiliare e dalle amministrazioni locali. Mentre tra aprile e giugno le scuri di S&P e Moody's avevano tagliato l'outlook del settore – portandolo da "stabile" a negativo", a marzo gli analisti di Fitch avevano addirittura concesso il 60% di possibilità a una crisi sistemica che dall'immobiliare si potrebbe diffondere al resto dell'economia entro il 2013. "Stiamo parlando di una crisi sistemica - aveva dichiarato a Bloomberg il senior director della sede londinese di Fitch Richard Fox -, qualcosa che coinvolge tutte le banche più importanti e, tecnicamente, de-capitalizza il sistema bancario".
L'ultimo allarme, prima del calo documentato venerdì scorso, era arrivato alla fine di settembre in un ulteriore rapporto di S&P: "Il peggio deve ancora venire per gli operatori del settore immobiliare in Cina - scrivono gli analisti capitanati da Frank Lu nel dossier - i costruttori si stanno preparando per un rallentamento delle vendite e un abbassamento dei prezzi". Gli analisti hanno condotto una serie di stress test sulle società di real estate cinese: secondo Standard & Poor's, un calo del 30% nelle vendite condurrebbe la maggior parte dei costruttori a fronteggiare una massiccia mancanza di liquidità. Che non mancherebbe di ripercuotersi sull'intero sistema bancario del Dragone.
di Antonio Talia
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