NO A SANZIONI CONTRO IRAN

Pechino, 4 gen. – No secco di Pechino alle sanzioni unilaterali contro l'Iran: "la Cina è contraria a mettere una legge nazionale al di sopra del diritto internazionale e a imporre sanzioni unilaterali contro altri Paesi". Lo ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hong Lei commentando la legge che inasprisce le sanzioni finanziarie contro l'Iran mettendo nel mirino la Banca centrale di Teheran promulgata sabato da Washington dopo la firma di Barack Obama. Una posizione, quella della Cina, già illustrata a novembre dal portavoce del ministero degli Affari Esteri, Liu Weimin, a pochi giorni dall'annuncio di Usa, Gran Bretagna e Canada Usa, Gran Bretagna e Canada di voler imporre ulteriori sanzioni all'Iran impegnato nella produzione di armi nucleari che minacciano la sicurezza internazionale. Tesi, questa, respinta da Tehran la quale assicura che il programma nucleare ha il solo scopo di fornire energia elettrica alla Repubblica islamica.
"Mettere pressione sul Paese non servirà a risolvere la questione" aveva dichiarato Liu. "Ma al contrario la complicherà ed aggraverà, portando a una più forte contrapposizione e mettendo a rischio la pace e la stabilità nella zona" aveva continuato il portavoce ribadendo ancora una volta la necessità di incrementare il dialogo e la cooperazione per risolvere la questione iraniana tramite negoziati. "Le sanzioni non risolveranno la questione" ha più volte ribadito la Cina, alleato chiave insieme alla Russia e tra i principale partner economici degli ultimi anni di Teheran con un interscambio bilaterale che ha toccato i 30 miliardi di dollari. Un'intesa economica, quella tra la Repubblica popolare e quella islamica, rafforzata dall'abbandono dell'Iran da parte di molte aziende occidentali in linea con le sanzioni multilaterali contro il Paese. Ma ad alimentare le relazioni sino-iraniane è soprattutto il petrolio, principale risorsa dell'Iran, di cui il Dragone rappresenta il principale acquirente, seguito subito da India e Giappone. La stessa Tehran si piazza al terzo posto tra i rifornitori di greggio dopo l'Arabia Saudita e dall'Angola.
"Le nuove sanzioni finanziarie non rappresentano la corretta via per appianare le tensioni e risolvere il problema nucleare. Il sentiero giusto è quello del dialogo e delle negoziazioni" ha spiegato Hong Lei che ha poi precisato "la Cina e l'Iran hanno scambi commerciali ed energetici regolari e trasparenti che non contravvengono alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e che non verranno alterati dalle sanzioni". Come membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, Pechino potere di veto, tuttavia, sebbene abbia votato a favore delle sanzioni il Dragone, da tempo cerca di lavorare affinché i rapporti con Tehran non vengano compromessi.
Intanto il braccio di ferro tra Tehran e Washington si fa sempre più serrato: mercoledì il ministro della Difesa iraniano, Ahmad Vahidi, ha lanciato un nuovo avvertimento agli Usa sulla loro presenza militare nel Golfo. "Faremo tutto il possibile per preservare la sicurezza dello Stretto di Hormuz all'ingresso nel Golfo", ha dichiarato il ministro al sito web della tv di Stato. "La presenza di forze esterne non porta a nessun risultato, ma crea solo turbolenze, è una presenza dannosa e indesiderata", ha aggiunto Vahidi .
di Sonia Montrella
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