Pechino, 3 nov.: Durante la visita di Stato finita sabato scorso - sei giorni tra Pechino, Shanghai, Macao e Hong Kong- la voce lo ha tradito, anche se per un istante solo. "Non le nascondo la mia emozione per quello che la Cina ha rappresentato per quelli della mia generazione, a partire da quel fatidico 1949 in cui è nata la Repubblica Popolare" ha detto con tono commosso Giorgio Napolitano martedì scorso, durante il colloquio con il presidente cinese Hu Jintao. Ma l'atmosfera troppo solenne della Grande Sala del Popolo, o il Tricolore che per tre giorni ha sventolato a fianco della bandiera cinese su Piazza Tian an Men non bastano certo a spiegare il tremito di un momento del Presidente della Repubblica: Napolitano in quei saloni, in quella piazza, c'era già stato nel 1984, quando il Muro di Berlino era ancora in piedi, lui era presidente dei parlamentari PCI e di quanto succedeva oltre la Grande Muraglia si sapeva ben poco. Ci è tornato da capo dello Stato, con l'obiettivo di rendere l'Italia un ponte tra Unione europea e Cina, in quella che ha definito "una delle missioni più significative che io abbia svolto finora nel mio settennato, uno dei punti essenziali della seconda metà del mio mandato". Forse, allora, l'emozione è rivolta al cammino percorso dal Dragone in questi 26 anni, di cui il Presidente è stato testimone: in quasi una settimana, con un calendario talmente articolato da stendere un ragazzino, Giorgio Napolitano ha incontrato Hu Jintao e il premier Wen Jiabao, ha tenuto una lezione nell'Aula Magna della Scuola Centrale del Partito Comunista Cinese, ha visitato il Padiglione italiano all'Expo di Shanghai, ha incontrato ad ogni tappa la comunità imprenditoriale italiana in quella che ha definito "la locomotiva della ripresa mondiale"; e ad ogni tappa non ha mancato di ricordare l'importanza del tragitto della Repubblica Popolare Cinese. "Il cammino intrapreso dalla Cina sulla via delle riforme politiche e del rispetto dei diritti umani è di fondamentale importanza- ha detto Napolitano ai dirigenti del PCC- e sono profondamente convinto che sia nell'interesse cinese portare avanti questo processo in piena autonomia". Sulla questione dei diritti umani il Presidente è poi tornato davanti ai giornalisti, proprio mentre in Cina e nel mondo continuano le polemiche sul Premio Nobel per la Pace assegnato al dissidente cinese Liu Xiaobo, che ha scatenato ulteriori arresti nei confronti dei pochi simpatizzanti di questo reduce della rivolta di Tian An Men: "Sono venuto per porre questioni di grande prospettiva per quello che riguarda il ruolo della Cina nel mondo e il rapporto tra Europa e Cina – ha detto Napolitano- e non per puntare il dito su una questione specifica anche se non ho mancato di ribadire le nostre posizioni di principio, che sono posizioni del governo e anche mie personali. Non dobbiamo smettere di confrontarci, chiedere, proporre". Ma a Pechino la comunità internazionale non rimprovera solo le sue carenze democratiche: da mesi Washington e anche Bruxelles la accusano di mantenere artificialmente basso il tasso di cambio della sua moneta per garantirsi un vantaggio sleale nei commerci con l'estero, uno degli argomenti principali che verrà toccato al prossimi vertice del G20 a Seul a novembre: "Ho toccato l'argomento con il presidente Hu Jintao, e sono d'accordo con lui sul fatto che non ha senso parlare di guerra valutaria, – ha detto Napolitano- ci sono sì dei problemi di equilibrio nei rapporti tra monete, ma è una difficoltà relativa. La Cina è ormai anche un grande paese importatore". In finale di visita, il Presidente della Repubblica si è anche concesso qualche battuta sulla situazione italiana e sull'emendamento al Lodo Alfano: "Nella lettera inviata al Presidente Vizzini prima di partire per la Cina si sollevava il problema della diminuzione del ruolo, e anche della condizione di disagio, in cui avrebbe potuto trovarsi il Presidente se fosse stata sottoposta una questione di procedibilità nei suoi confronti con un voto a maggioranza semplice del Parlamento" ha detto Napolitano. "Dal momento che si parla della Legge Alfano che io promulgai- ha concluso il Presidente - è evidente che con l'emendamento, se ci sarà, quando ci sarà, si va in quella direzione". Il Presidente è rientrato in Italia nel pomeriggio di sabato.
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