Roma, 18 nov.- Terre rare, internet e politica monetaria: la Cina è nel mirino. E le accuse arrivano sia dal fronte europeo che da quello statunitense. A due giorni dall'annuncio del ministero del Commercio cinese di un possibile taglio del 72% entro la fine dell'anno delle esportazioni di terre rare, arriva la risposta dell'Unione europea. Bruxelles fa sapere che quello dei minerali rari sarà il principale tema in agenda dell'incontro tra il ministro del Commercio cinese e il direttore del Commercio e dell'Industria dell'Ue. E' proprio quest'ultimo a dare qualche anticipazione: "La nostra intenzione è quella di esporre molto chiaramente i nostri timori riguardo la quota prevista per l'esportazione di terre rare" spiega Matthew Baldwin, che aggiunge: "Chiederemo inoltre alle autorità cinesi quali sono i loro piani per il 2011 riguardo la fornitura di questi beni".
L'espressione 'terre rare' sta a indicare un gruppo di 17 minerali indispensabili per la produzione di articoli high-tech, schermi per computer, fibre ottiche, superconduttori, macchine ibride e iPod. La Cina, che detiene circa il 60% delle riserve mondiali e il 90% della produzione, è stata più volte accusata dalle principali potenze economiche mondiali di utilizzare l'esportazione di questi minerali come 'strumento politico'. Un'accusa che Pechino ha sempre rigettato. Le polemiche si sono acuite la scorsa settimana quando il Ministero del Commercio cinese ha fatto sapere che "l'esportazione delle terre rare dalla Cina sarà d'ora in poi severamente regolamentata e inasprita al punto da permettere la spedizione di questi metalli solo verso quei produttori che rispettano gli standard internazionali di tutela ambientale"(leggi questo articolo). Ma sono in molti a ritenere che quello della protezione dell'ambiente sia solo un pretesto e che dietro la decisione del Dragone ci siano solo interessi politici. Alla richiesta dell'Ue di venire incontro alla necessità di rifornimento a medio termine di terre rare, Baldwin invita la comunità internazionale a non puntare il dito contro la Cina, specie dopo le dichiarazioni del Dragone di voler attuare le restrizioni al fine di proteggere l'ambiente: "Noi tutti dobbiamo guardarci allo specchio e assumerci la responsabilità di cercare queste commodity in altri Paesi come l'Australia e gli Stati Uniti".
Le ultime dichiarazioni di Pechino hanno destato la preoccupazione delle principali potenze economiche che, continuando a dipendere dalla Cina, vedono a rischio la propria produzione. Molti esperti del settore automobilistico prevedono grossi problemi nel caso in cui il rifornimento di terre rare di fatto dovesse prosciugarsi. Il neodymium – uno dei metalli del gruppo – viene impiegato nei motori elettrici delle macchine ibride, così come nelle batterie ricaricabili. I giapponesi della Toyota, che finora hanno dominato il mercato grazie alla Prius – la più popolare delle ibride - puntano a lanciare, entro il 2012, undici nuove auto verdi, tra cui una nuova compact elettronicamente ricaricabile e con una capacità di consumare 40 chilometri al litro di benzina. Un progetto che difficilmente vedrà la luce se le terre rare dovessero diventare, appunto, sempre più rare. "Gli effetti del calo delle esportazioni saranno visibili non appena le vendite subiranno un incremento" spiega Nicolas Meilhan, consulente di Frost and Sullivan, società globale di consulenza per lo sviluppo economico di impresa. "Se il mercato dei veicoli elettrici dovesse decollare, dovremo cercare i metalli rari in altri Paesi o sostituire questi materiali con altri, ma quest'ultima soluzione è più difficile in quanto le terre rare sono i metalli che meglio si adattano a questo tipo di tecnologia".
Più ottimista è invece Jacques Aschenbroich, direttore generale di Valeo: "Io non penso che la Cina arrivi a tagliare del tutto le spedizioni di terre rare. E' una possibilità, certo, ma non credo sia lo scenario più credibile. Perciò considero quello delle restrizioni solo un problema di breve durata".Intanto dal fronte americano arrivano altre accuse e, attraverso una relazione elaborata mercoledì dalla elaborato dalla US-China Economic and Security Commission, Washington si schiera contro la politica monetaria e i cyberattacchi del Dragone. Nel report Pechino è tacciato di aver manipolato la valuta, attuando così una concorrenza sleale e sbaragliando gli altri Paesi sul fronte del commercio.
A ciò si aggiungono le schermaglie tra Google e la Cina in corso dall'inizio dell'anno che ha visto il motore di ricerca americano dirottare su Hong Kong il proprio indirizzo per sfuggire alla macchina della censura. Infine un 'incidente' che potrebbe aprire un nuovo capitolo nella controversa storia tra la Cina e gli Stati Uniti: nella giornata di giovedì 8 aprile 2010, per circa 18 minuti, un'azienda di telecomunicazioni cinese ha fatto girare via e-mail – e in seguito a operazioni di hackeraggio - il contenuto di vari siti protetti americani, tra cui quelli del Senato, del Dipartimento della Difesa, della NASA e del Dipartimento del Commercio.
di Sonia Montrella
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