MINISTERO COMMERCIO: "USA VIOLA REGOLE WTO"

Pechino, 19 ott.- Pechino torna sulla controversa bozza di legge approvata dal Senato Usa la scorsa settimana, ma se stavolta lo fa attraverso il ministero del Commercio, i toni non sono di certo più lievi rispetto a quelli usati finora: "Nel forzare un partner commerciale ad apprezzare la sua moneta attraverso una norma il Senato americano sta violando le regole internazionali e sta sfuggendo alle responsabilità internazionali che toccano all'America" ha detto mercoledì il portavoce Shen Dayang nel corso di una conferenza stampa.

 

"Se gli Stati Uniti insistono ad affrontare i problemi unilateralmente e a modo loro, questo comportamento danneggerà le relazioni sino-americane e i benefici a lungo termine per i popoli di entrambe le nazioni. La Cina sarà costretta a prendere ulteriori provvedimenti" ha detto ancora il portavoce del ministero del Commercio.

 

Molti osservatori ritengono che la norma approvata dal Senato abbia scarse probabilità di superare lo scrutinio della Camera dei Rappresentanti e ottenere la firma del presidente Barack Obama, entrando così in vigore.

 

"La Cina manterrà stabile il cambio dello yuan" ha aggiunto Shen, sostenendo anche che Pechino dovrà affrontare una difficile situazione commerciale per il resto del 2011 e, probabilmente, anche all'inizio del 2012, dopo che nel terzo trimestre di quest'anno le esportazioni si sono attestate ai livelli peggiori degli ultimi due anni.

 

La norma consentirebbe al dipartimento del Commercio di Washington di trattare le valute stimate al di sotto del loro valore effettivo alla pari con quanto prevedono le leggi statunitensi in materia di sussidi di Stato sulle merci. In altri termini, se la misura verrà adottata, le aziende USA potranno chiedere al governo di adottare imposte per bloccare l'import di beni cinesi. Anche se l'applicazione delle nuove tasse contro la concorrenza sleale andrebbe adottata caso per caso, ci sono i presupposti per un'aspra battaglia commerciale contro Pechino.

 

Attualmente, lo yuan-renminbi non è una moneta convertibile: la Banca Centrale fissa un tasso di riferimento e limita le perdite o i guadagni all'interno di una banda di oscillazione che si situa allo 0.5% rispetto a tale livello.  La Cina, inoltre, limita anche la conversione ai fini di investimento,e ha ammassato le sue immense riserve in valuta estera - stimate in 3200 miliardi di dollari - anche attraverso la vendita continua di yuan, disposta per evitarne un eccessivo apprezzamento.

 

Le polemiche che circondano lo yuan si sono intensificate dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale: Washington, in particolare, accusa sistematicamente Pechino di mantenere artificialmente basso il valore della sua moneta per aggiudicarsi un vantaggio sleale negli scambi con l'estero. Nel giugno dello scorso anno la Cina ha sospeso l'ancoraggio di fatto al dollaro che era stato inaugurato proprio poco dopo lo scoppio della crisi, e da allora lo yuan si è costantemente apprezzato sul dollaro, anche se ben al di sotto della percentuale sperata dagli americani. Secondo Pechino, infatti, la ragione dell'immenso squilibrio nella bilancia commerciale tra USA e Cina, che pende tutto a favore di quest'ultima, va rintracciato nel blocco esercitato sulla vendita di tecnologia americana, e non nel tasso di cambio dello yuan. Secondo Washington, invece, il sistema per fissare i tassi di cambio adottato dalla Cina le consente di scambiare la sua moneta a un valore tra il 25% e il 40% a quello reale, uno stratagemma che consente al Dragone di inondare i mercati con i suoi prodotti.

 

di Antonio Talia

 

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