Pechino, 23 apr. – Le esportazioni cinesi potrebbero contrarsi nella seconda metà dell'anno a causa di una ripresa a 'W' e un nuovo aumento del protezionismo economico: questo il monito lanciato ieri dal Ministero per l'Industria e l'Informatica (MIIT). "L'economia e il commercio mondiale si stanno riprendendo, ma la ripresa globale resta fragile e il processo di recupero è pieno di difficoltà" ha affermato Zhu Hongren, portavoce del Ministero. Le nuove dichiarazioni si legano a doppio filo alla questione della rivalutazione dello yuan/renminbi, argomento su cui la Cina si trova tra incudine e martello. Apprezzare o meno la propria valuta; in altre parole, privilegiare le esportazioni mantenendo il ritmo di produzione delle aziende nazionali e salvaguardando milioni di posti di lavoro o raffreddare la crescita dell'economia e sventare il pericolo-inflazione nel mercato interno? Muovendo da una prospettiva ad ampio raggio, calibrare la propria politica economica esclusivamente sulla base delle esigenze interne o rispondere alle sollecitazioni provenienti dalla comunità internazionale, Stati Uniti (più Brasile e India) in testa? Negli ultimi mesi il Dragone si è mostrato risoluto a non piegarsi alle pressioni esterne. La posticipazione del rapporto del Congresso (originariamente previsto per il 15 aprile, ma sospeso su indicazione del Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner), che avrebbe potuto bollare la Cina come 'manipolatrice di valuta', ha dato corda a quest'inerzia. Il MIIT ieri ha ribadito l'attuale posizione, mettendo in allarme contro una rivalutazione dello yuan che potrebbe avere delle ricadute negative su circa il 70% dell'export e su oltre 70 milioni di posti di lavoro. Secondo Zhu Hongren, la veloce ripresa nella produzione industriale registrata dalla Cina nei mesi scorsi (+19,6% nel primo trimestre del 2010, con un +28,7% nel settore esportazioni) è frutto dell'enorme sforzo compiuto dal governo nel varare il piano di stimolo economico e la congiuntura di diversi fattori – alto tasso di disoccupazione statunitense, forte tensione nella zona euro dopo il tracollo economico della Grecia e protezionismo commerciale in ascesa – deve mettere in guardia nei confronti di un possibile rallentamento della produzione industriale e delle esportazioni nel prossimo futuro. Anche Fu Ziying, vice-ministro del Commercio, impegnato in un tour nei paesi africani, ha spezzato una lancia a favore del mantenimento dello statu quo, affermando che: "La Cina non sarà soggetta alle pressioni internazionali per la rivalutazione della propria divisa; le riforme sul tasso di cambio saranno condotte sulla base della situazione economica reale". Il cubo di Rubik attende di essere ruotato, le premesse lasciano presagire che la Cina sarà ancora più recalcitrante nel procedere verso un apprezzamento della propria moneta che è ancorata al dollaro dal luglio del 2008 (dopo un apprezzamento del 21% registrato dal 2005). Se le proiezioni del MIIT si riveleranno azzeccate, quegli analisti che ritenevano possibile uno spiraglio in questa direzione a partire dalla seconda metà dell'anno, dovranno rivedere le proprie previsioni.