Pechino, 22 nov. - Quando hai più di mille fans, sei una bacheca on line. Quando ne hai più di 100 mila, sei un quotidiano metropolitano. E con 10 milioni di fan, puoi competere con
La gente giudica l'influenza del microblogger da quante persone lo seguono. Con più influenza, arriva maggiore valore economico, ha spiegato il think tank cinese China Lab. Bene, il caro vecchio endorsement, pagato attraverso la spesa di followers: aumenta il proprio prestigio, la propria influenza, l'eventuale vendita di un proprio prodotto. Non ne è esente il mondo cinese. La novità, semmai, è data dall'esplosione del fenomeno e dalla certezza del leader del mercato, Charles Cen, il presidente e CEO di Sina.com: con il microblog arrivaranno soldi, tanti.
Con il mercato più vasto al mondo e una infinita corsa alla novità,
Ogni microblog, naturalmente, come ogni applicazione, prova a distinguersi per caratteristiche proprie, ancora di più quelli cinesi, ma alla fine tutti sono si sono messi in fila, sulla scia di Google (ormai un veterano del web): quando anni fa si presentò zuccheroso e gratis, per diventare una sorta di grande porta attraverso cui accedere ad ogni contenuto su internet, dalle parti di Mountain View non avevano certo visto sbagliato.
Tanto che i social network sono andati avanti, finendo però per proporre googlerie: prima Facebook con il nuovo servizio di posta, ora Twitter, sempre più social network e pronto a offrire una sorta di Twitter Analytics ai suoi utenti. Nel mentre in Oriente il microblog di Sina aggiunge anche il tasto per fare dei sondaggi, diventando in generale uno degli ingressi principali nell'internet cinese. Un mondo, non va dimenticato, che risulta ad oggi, essere il più popoloso in termini di utenti.
Che ci fanno i cinesi con il microblogging? Ci chiacchierano e discutono (molto più e animatamente di quanto siamo quasi sempre portati a pensare), ma naturalmente, ci fanno anche i soldi. Innanzitutto: il servizio di microblog offerto da Sina.com (Weibo) ha vinto, lanciato nello scorso 28 agosto (2009) ha raccolto ad oggi 50 milioni di microbloggers. Certo Tencent e altri competitor non hanno rivelato i propri numeri, ma c'è da credere che Sina.com sia ormai leader.
Questo perché ilsuo servizio di microblogging è più compatibile con i cellulari, attraverso i quali passa il 38% delle informazione che viaggiano virtualmente nel Regno di Mezzo. Il microblog di Sina.com non è differente dal nostro Twitter (bannato, ma utilizzato in Cina da persone che sono al corrente della censura e che usano Twitter per comunicare, spesso, ad un pubblico occidentale) in termini di interfaccia, ma permette di embeddare foto e video nei tweet, nonché commenti tra un micro post e l'altro. Inoltre, è inserito, al contrario di Twitter, all'interno del mondo Sina.com, un ingresso nel mondo web fatto di notizie e, soprattutto divertimento, giochi, giochi, foto, video.
Il microblogging in Cina è dilagato come un'onda incontrollabile la scorsa primavera, quando perfino Hu Jintao, il Presidente cinese, ne ha aperto uno sul sito del Quotidiano del Popolo, giornale ufficiale del Partito Comunista cinese. Poi è stato rapidamente chiuso: troppi i follower e i commenti degli utenti al nostro amico netizen Hu Jintao. Cantanti, artisti, attori, opinionisti, giornalisti e tanta gente comune, perfino Bill Gates. Un mercato, enorme.
Anche in Cina si sono provate diverse strade (immaginiamo i markettari cinesi, come quelli occidentali, intenti a capire come il microblog, oltre ad un endorsment, se forzato possa dare vita a soldi veri, fumanti, reali): dai micropost sponsorizzati, a mini banner, alcuni tentativi hanno già avuto luogo (esattamente come da noi). Non è ancora stata trovata la quadra, ma Sina.com ha deciso di investire, sperando che nel lungo periodo il microblogging diventi una forma di finanziamento rilevante. Parola del Presidente e Ceo di Sina.com, Charles Chao, che recentemente ne ha parlato al Wall Street Journal: mentre lavoriamo al potenziamento del servizio, stiamo cercando dei modelli di business. Un modello non più Made, bensì Created in China.
Che qualcosa stia cambiando, ormai è chiaro.
di Simone Pieranni
Questo articolo è stato pubblicato su China Files.
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