Merkel cerca intese in Cina
La Germania del cancelliere Angela Merkel arriverà oggi a Pechino con un'agenda densissima, come si conviene al maggiore partner economico e commerciale della Cina in Europa.
La Merkel, alla sua quinta missione nel Paese da quando è diventata cancelliere, accompagnata da diversi parlamentari del Bundestag e da una folta delegazione di 20 grandi industriali, sarà accolta dal primo ministro Wen Jiabao e avrà un colloquio anche con il capo dello Stato, Hu Jintao. Discuterà dei rapporti bilaterali, quasi idilliaci, affronterà le spinose vicende delle sanzioni sull'Iran, chiedendo una riduzione delle importazioni di petrolio iraniano. Ma il punto vero, e i cinesi se lo aspettano con qualche preoccupazione e imbarazzo, sarà quello della sorte dell'euro e dell'economia del Vecchio continente. I cinesi vogliono sentire dal protagonista principale del vertice europeo di lunedì quali sono gli sviluppi autentici e prossimi dell'Europa.
Pechino sa che la Germania guarda ai 3.200 miliardi di dollari di riserve cinesi, circa il 40% delle riserve del mondo, come possibile fonte di finanziamento del firewall, il "muro spezza fiamme" che dovrebbe mettere al sicuro l'euro dall'incendio speculativo in corso. La Cina ha già fatto sapere di volere essere molto cauta al riguardo. Infatti, Pechino pensa che il fondo salva-Stati di 500 miliardi di euro oggi in discussione in Europa sia insufficiente, ne servirebbero circa 750. Solo alla luce di un impegno del genere da parte dell'Europa, e soprattutto della Germania, la Cina sarebbe disposta a finanziare il fondo o sostenere un ulteriore impegno dell'Fmi nei Paesi a rischio dell'area euro.
Questo è per la Cina solo la parte esterna. Il punto centrale, dove Pechino concorda con Berlino, è che l'Europa dovrebbe adottare misure di bilancio più strette che portino stabilità, sulla base delle proposte tedesche. I cinesi vedrebbero bene inoltre misure che mettano la Grecia, il punto più debole della catena continentale, sotto una qualche forma di supervisione dell'Unione europea. Alcuni economisti cinesi pensano comunque che tutto questo sarebbe necessario ma non sufficiente per un impegno di Pechino. La Cina dovrebbe poi vedere come funzioneranno tali misure.
Quello su cui si misurerà davvero il successo dell'Europa sarà la crescita economica, il continente appare in recessione da Pechino, e una riduzione della disoccupazione, che oggi si aggira su una media del 10% nei 17 Paesi dell'Eurozona, scrivono i giornali cinesi.
Questo è il punto vero che la Germania dovrebbe affrontare, dicono gli economisti cinesi, per cui la crisi economica attuale in Europa è infatti crisi politica. Mancano poteri e strumenti sufficienti a organismi centralizzati che possano imporre tempestive soluzioni unitarie, senza bisogno di trovare mille mediazioni con i vari Governi nazionali.
Ma, mentre qualche anno fa i cinesi, convinti dei luminosi destini dell'unione politica europea, si aspettavano che questo sarebbe presto accaduto, dando un corpo politico alla corazza dell'unione monetaria, oggi sono più scettici. La crisi che si trascina da mesi e si allarga, settimana dopo settimana, a crisi sociale pare irrisolvibile. Le misure adottate dai vari Paesi sembrano troppo piccole e troppo in ritardo rispetto ai bisogni del momento.
La crisi finanziaria asiatica insegna alla Cina che le crisi sociali innestano crisi politiche.
Lo spettro poi che la crisi europea si allarghi alla Cina appare sempre più reale. Pechino teme che se l'euro si spacca questo possa riaccendere la crisi globale.
Ma anche l'altra possibilità non appare rosea. La via d'uscita dalla crisi è che alla fine la Banca centrale europea prima o poi stampi moneta e produca inflazione in Europa cosa che metterebbe in ulteriore difficoltà la Cina già sotto pressione per la doppia spinta dei quantitative easing della Fed americana e di una mal controllata inflazione interna.
Qui il discorso si innesta su quello dell'Iran. La Cina, in passi di avvicinamento alla politica internazionale verso le sanzioni contro Teheran, sta comprando meno petrolio iraniano e sta spostando gli acquisti verso Russia, Vietnam e Arabia saudita. Ma le nuove sanzioni potrebbero spingere in alto il prezzo del petrolio cosa che alimenterebbe ancora l'inflazione cinese e internazionale.
Non è chiaro quanto la Merkel possa rispondere a tutti questi interrogativi. Rimane però la carta degli investimenti diretti. Berlino vuole spingere la Cina a investire in Germania (una tappa del viaggio sarà a Canton, nella provincia di Guangdong, il centro economico del Paese in cui sono già presenti 500 aziende tedesche) e la Cina, grande fan dell'industria tedesca, pare molto ben disposta. Ad aprile il premier cinese Wen Jiabao andrà alla fiera industriale di Hannover in segno concreto di quanto Pechino voglia ragionare a partire dall'economia reale.
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02/02/2012