di Antonio Talia
Pechino, 6 feb.- La Cina non ha nessuna intenzione di incassare le critiche: dopo il 'no' alle sanzioni contro il regime siriano, Pechino parte al contrattacco e scatena una campagna mediatica dai toni durissimi.
"L'ambasciatrice americana è 'disgustata'della decisione di Russia e Cina? Bene. Io trovo disgustoso che un diplomatico adoperi questa terminologia": prima dell'uscita dei giornali di lunedì il direttore del quotidiano ultranazionalista "Global Times" Hu Xijin apre le danze con un tweet infuocato. I media tradizionali si muovono subito dopo.
Nel giro di qualche ora scende in campo un peso massimo come "Zhong Sheng", la "Voce della Cina", lo pseudonimo che sul "People's Daily" esprime la voce più pura del governo di Pechino: "Noi stiamo agendo responsabilmente, a differenza delle nazioni occidentali, che attaccano la nostra decisione. La situazione in Siria è molto complessa. Sostenere una fazione per abbattere l'altra può sembrare un metodo utile per gestire la crisi, e invece getterà le basi per un nuovo disastro".
Afghanistan, Iraq, Libia: secondo 'la Voce della Cina', alla Siria toccherebbe lo stesso destino. "La Libia offre un caso di studio particolarmente negativo –scrive 'Zhong Sheng'- perché dopo l'astensione cinese del marzo scorso la Nato ha scelto di abusare della risoluzione del Consiglio di Sicurezza e fornire un aiuto diretto a una delle parti in guerra. Fermare un disastro umanitario con la forza può sembrare ragionevole. Ma gli attentati che si succedono da un decennio in Afghanistan e Iraq anche dopo il cosiddetto 'cambio di regime', non sono forse un altro disastro umanitario?".
La linea cinese emerge ancora più esplicitamente nell'editoriale pubblicato domenica sera dall'agenzia di stampa di Stato Xinhua: i ribelli di Damasco non cercano "la democrazia", la crisi siriana è dovuta a "fattori religiosi", e –soprattutto- le nazioni occidentali non si mobilitano per ragioni altruistiche.
"È l'Iran il vero obiettivo dell'iniziativa dell'Occidente contro la Siria"sostiene l'articolo, e il quotidiano "China Youth Daily" accusa: "Il principio di umanitario sbandierato da Usa e Ue è solo una scusa per interferire negli affari interni delle nazioni del Medio Oriente".
Ecco come la Xinhua ricostruisce la situazione: "Quella in corso in Siria è una resa dei conti a carattere religioso. Il Consiglio dell'ONU e la Lega Araba dicono che il loro obiettivo consiste nell'instaurare un sistema democratico in Siria, ma la vera motivazione dei paesi monarchici sunniti consiste nel colpire i rivali sciiti, e quindi l'Iran. Se Bashar crolla, ciò non causerà solamente un taglio di contatti con l'Iran, uno dei fini di Usa e Lega Araba, ma farà perdere a Teheran la Siria, cioè il principale strumento con cui l'Iran manda risorse in Medio Oriente e sostiene gli Hezbollah, un'organizzazione molto temuta da Washington. Inoltre, Siria e Iran sono tra gli ultimi alleati della Russia, che non a caso gestisce in Siria uno dei pochi porti al di fuori dei suoi confini".
Secondo i media cinesi, insomma, dietro le motivazioni altruistiche si nasconde il disegno per ottenere un effetto domino di "cambi di regime", e aprire le porte del Medio Oriente a governi ostili a quei Paesi che non vogliono considerarsi "Occidente".
Cina inclusa, ovvio.
Ma su quest'ultimo punto i quotidiani di Pechino non sono così espliciti.
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