MAXI CYBER-SPIONAGGIO SOSPETTI SU PECHINO

L'operazione di spionaggio, sostengono gli esperti della McAfee, andrebbe avanti da diversi anni. Dei 72 soggetti spiati, 49 hanno base negli Stati Uniti e tra gli obiettivi c'erano dati top secret sui sistemi militari e di comunicazione americani, ma anche compagnie petrolifere, una società di real estate della Folorida e le sedi di Hong Kong e New York dell'Associated Press, si legge sul Washington Post. Quanto all'attacco alle Nazioni Unite, gli hacker sono entrati nel sistema di computer del segretariato di Ginevra nel 2008 e li sono rimasti per circa due anni. "Siamo rimasti colpiti dall'enorme diversità delle organizzazioni vittime e dall'audacia degli esecutori", ha scritto Dmitri Alperovitch, vicepresidente di McAfee per la ricerca delle minacce, nel rapporto di 14 pagine diffuso oggi. ""Società e agenzie governative vengono violate ogni giorno. Stanno perdendo il vantaggio economico e segreti nazionali a vantaggio di concorrenti senza scrupoli. "Siamo di fronte al più grosso trasferimento di ricchezza della storia in termini di proprietà intellettuale" ha poi aggiunto Alperovitch.
In fatto di spionaggio informatico, il primo a puntare il dito contro la Cina è stato Google denunciando più volte un'infiltrazione negli account gmail di diversi esponenti dell'amministrazione americana, funzionari, militari, giornalisti e attivisti cinesi (questo articolo). In particolare, l'ultimo attacco sferrato dagli hacker cinese che risale allo scorso giugno – secondo la denuncia del direttore del colosso di Mountain View - sarebbe partito da Jinan, nella provincia orientale dello Shandong, con un bersaglio ben preciso: centinaia di account di posta elettronica di funzionari e attivisti. L'hackeraggio era stato presto sventato, ma la vicenda aveva messo in subbuglio anche Washington che aveva fatto sapere di "prendere sul serio e di esaminare la faccenda".
La compagnia di Mountain View è presente in Cina dal 2005, ma il rapporto tra il motore di ricerca e il gigante asiatico è sempre stato altalenante per via del bavaglio imposto dal governo cinese. Nel marzo dello scorso anno, dopo aver dichiarato di essere stato vittima di un attacco informatico – che Wikileaks assicura essere stato diretto da due membri del Politburo (questo articolo), Google aveva dirottato le sue operazioni su Google.com.hk sbloccando di fatto i contenuti sgraditi al governo di Pechino (questo articolo). Un tentativo inutile in quanto la censura che Google si rifiuta di esercitare fu prontamente reintrodotta dai filtri governativi che resero inaccessibili le pagine incriminate. La schiarita arrivò poi a luglio con il rinnovo della licenza di ICP di Google da parte di Pechino. Ma il braccio di ferro continua tuttora.
di Sonia Montrella
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