Pechino, 04 mag. - Il manifatturiero cinese nel mese di aprile è in continuo aumento, come mostrano i dati ufficiali del governo, oppure ha registrato la crescita più lenta degli ultimi sei mesi, come sostiene un'indagine targata HSBC? Al centro delle controversie, ancora una volta, c'è il Purchasing Managers'Index, l'indicatore basato su diversi fattori (tra cui nuovi ordini, produzione, consegne, etc.) che mostra un'espansione quando si attesta sopra il 50 ed indica invece un mercato in contrazione al di sotto di questo risultato. Le statistiche targate CFLP (China Federation of Logistics and Purchasing) diffuse il primo maggio scorso mostrano un indice manifatturiero PMI a quota 55.7, un aumento di 0.6 punti rispetto al mese di marzo, e segnano così il 14simo mese consecutivo al di là della fatidica soglia dei 50 punti. Le elaborazioni CFLP sono basate su dati dell'Ufficio Nazionale di Statistica raccolti su un campione di più di 700 società in tutta la Cina: "La crescita di aprile è largamente dovuta a fattori stagionali, visto che molto spesso in marzo e aprile i dati sono positivi,- ha dichiarato Zhang Liqun, ricercatore del Centro Ricerche e Sviluppo del Consiglio di Stato - ma rimangono ancora numerose incertezze sulla crescita delle esportazioni e della domanda interna, entrambe ancora sostenute dai programmi di stimolo all'economia del governo". Ma l'indagine pubblicata ieri da HSBC Holdings Plc e Markit Economics mostra cifre differenti, con un PMI che nel mese di aprile scende a quota 55.4 rispetto ai 57 punti di marzo, segnando così l'espansione più lenta dal novembre scorso: "Questi dati mostrano un moderato rallentamento dell'attività manifatturiera in Cina - ha commentato Qu Hongbin, capo analista HSBC a Hong Kong - e riflettono come le politiche più restrittive adottate da Pechino stiano frenando la corsa di un'economia che rischia il surriscaldamento e riducendo i rischi inflazionari nei prossimi trimestri". Il governo cinese sta tentando da tempo di scongiurare l'inflazione e limitare le bolle speculative nel settore immobiliare, senza frenare nel tempo la crescita economica della nazione: secondo alcuni gruppi di analisti come China International Capital Corp., all'aumento del coefficiente di riserva obbligatoria delle banche annunciato domenica scorsa - il terzo dall'inizio dell'anno - potrebbero addirittura seguire una rivalutazione dello yuan entro il 30 giugno prossimo e un aumento dei tassi d'interesse entro il prossimo trimestre; un'impostazione per nulla condivisa da Goldman Sachs, secondo il quale l'aumento delle riserve obbligatorie sarebbe dettato da "ragioni tecniche" e non un segnale dell'avvicinarsi di una valuta cinese più forte. La Cina è emersa dal 2009 con una crescita economica dell'11.9%, il migliore risultato degli ultimi tre anni, che acquista ancora più valore se confrontato con quelli raggiunti dalle economie più mature nell'anno della grande crisi. Le esportazioni sono in ripresa (+29% nel primo trimestre) e i profitti stanno salendo; ma il 2009 è anche l'anno della crescita record dei nuovi prestiti (9590 miliardi di yuan; circa 1070 miliardi di euro al valore attuale) e degli aumenti senza precedenti dei prezzi delle proprietà: tutti segnali di allarme per un'economia che, secondo alcuni, denoterebbero già la formazione di enormi bolle.