MAGGIORI APERTURE AI PRIVATI
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MAGGIORI APERTURE AI PRIVATI

MAGGIORI APERTURE AI PRIVATI

Industria e mercati
MAGGIORI APERTURE AI PRIVATI
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Pechino, 14 mag.- Liberalizzazioni all'orizzonte in numerosi comparti dell'economia cinese: con un comunicato diffuso ieri il governo centrale ha annunciato maggiori aperture ai privati in industrie che tradizionalmente costituivano un territorio di caccia quasi esclusivo per le società controllate dallo stato. Energia, logistica, progetti idrici ed energetici, telecomunicazioni, previdenza sociale, infrastrutture e trasporti, edilizia popolare e alcuni tipi di programmi scientifici e tecnologici per la sicurezza saranno oggetto di maggiori partecipazioni private tanto attraverso investimenti in società già esistenti che tramite la creazione di nuove imprese: si tratta di misure che erano già previste dopo una riunione del Consiglio di Stato nel marzo scorso, ma ufficializzate solamente martedì.  "I privati potranno partecipare alla fondazione di istituti finanziari come casse rurali e casse di credito locale, - si legge nel comunicato - il governo intende inoltre semplificare le procedure amministrative per l'ingresso dei soggetti privati; migliorare i servizi finanziari attraverso un rafforzamento del sistema d'investimento dei venture capital, e incoraggiare lo sviluppo di settori emergenti come il biomedico, le nuove energie e la protezione ambientale". Già nel settembre scorso la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme - il principale organo per la pianificazione economica - aveva annunciato una drastica riduzione degli investimenti che  necessitano di un'approvazione statale; qualche mese fa, inoltre, 21st Century Business Herald , il più importante quotidiano economico cinese, aveva pubblicato alcune indiscrezioni sull'approvazione di "20 misure per sostenere gli investimenti privati", poi smentite dai funzionari statali.  Nonostante l'enfasi, il comunicato del Consiglio di Stato sembra ancora troppo generale per poter desumere l'effettiva incisività delle aperture del governo: in settori come le telecomunicazioni e la distribuzione di petrolio e gas, ad esempio, la partecipazione privata appare ancora limitata. La riforma, però, sembra accordarsi con le misure varate nell'ottobre  scorso con l'obiettivo di ridurre il numero delle imprese controllate direttamente dallo Stato; il 2009, infatti si è rivelato un anno tutt'altro che proficuo per il capitalismo di Stato cinese: nei primi otto mesi le SOE controllate dal governo centrale hanno registrato un calo dei profitti del 19.6% rispetto allo stesso periodo del 2008, con un lieve miglioramento nel mese di settembre (-17.6%), mentre le compagnie controllate dalle amministrazioni locali hanno assistito a un -27.8% nel periodo gennaio-settembre. Le aziende statali non avevano ottenuto maggiore fortuna sul fronte degli investimenti finanziari: secondo un rapporto pubblicato nel dicembre scorso da Study Times (il giornale della scuola della Commissione Centrale del Partito Comunista Cinese), firmato dal vice-presidente della SASAC Li Wei, sono 68 le compagnie di stato cinesi che avrebbero perso un totale di 11.4 miliardi di yuan (circa 1.1 miliardi di euro; o 1.67 miliardi di dollari) a causa di investimenti in prodotti finanziari derivati nel corso degli ultimi dieci anni. I casi più noti erano emersi all'inizio del 2009, quando compagnie di prima grandezza come Air China, China Eastern e China COSCO avevano annunciato perdite per 6.2, 6.8 e 3.1 miliardi di yuan rispettivamente, a causa di investimenti in derivati proposti da giganti come Goldman Sachs, Merrill Lynch e Morgan Stanley.
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