Pechino, 28 apr. – Il presidente di Taiwan Ma Ying Jeou difende l'Economic Cooperation Framework Agreement, il patto di libero scambio con Pechino, la cui firma è prevista per il giugno prossimo. "Possiamo gestire l'isolamento diplomatico, ma l'isolamento economico è fatale" ha ammesso il presidente; assicurando però che si tratta di un "accordo di natura economica, che non ha nulla a che fare né con l'unificazione, né con l'indipendenza". La discesa in campo del presidente giunge a soli due giorni di distanza dal dibattito televisivo che aveva visto Ma Ying-Jeou confrontarsi in diretta con Tsai Ing-wen, la presidentessa del Partito Democratico Progressista (DDP) proprio sulla strategicità, quindi l'esigenza, di trovare l'intesa con Pechino durante il prossimo incontro. Secondo Wu Nengyuan – direttore dell'Istituto di Studi su Taiwan dell'Accademia di Scienze Sociali del Fujian – nelle due ore e mezza del dibattito, Ma Ying-jeou ha condotto in maniera più brillante il gioco: avvalendosi di dati e statistiche, sarebbe infatti riuscito a comprovare i benefici derivanti dalla sigla dell'accordo. Al contrario, sempre a detta dell'esperto, la performance della rappresentante del DDP sarebbe parsa sotto tono, poiché i problemi sollevati (incremento nel tasso di disoccupazione nazionale e cospirazione da parte della controparte cinese) non basavano su solide fondamenta. In dettaglio, domenica sera, il presidente in carica ha ricordato che, a causa della politica della 'porta-chiusa' protrattasi lungo gli otto anni (2000-2008) di amministrazione del DDP, l'economia e il commercio di Taiwan si sono progressivamente increspati. Muovendo da questa prospettiva, ha quindi sottolineato la necessità di giungere 'il prima possibile' alla sigla dell'accordo con la RPC e in seguito di procedere alla ratificazione di simili accordi di cooperazione economica con altri paesi asiatici per rendere l'isola competitiva a livello globale prima che sia troppo tardi, soprattutto alla luce della futura costituzione del blocco 'ASEAN + 3' (Paesi Asean più Corea del Sud, Giappone e Cina) attesa per il 2015. "Non si può avere la globalizzazione senza la Cina" avrebbe infine dichiarato il leader del Kuomintang. Kuomingtang e DDP, nazionalisti e indipendentisti mantengono posizioni diametralmente opposte nei confronti dell'ECFA: se per i compagni di Ma si tratta di una 'questione di vita o di morte', in senso squisitamente economico, per i sostenitori di Tsai si tratta in primo luogo di una questione politica. Ai loro occhi, firmare l'ECFA significherebbe ipotecare l'indipendenza di quella che Pechino considera la 'provincia ribelle', consegnandosi così liberamente nelle mani del 'nemico'.