Lotta a corruzione, studio rivela danno immagine per Pcc
Eugenio Buzzetti
Pechino, 10 ott. - La lotta alla corruzione in Cina voluta dal presidente Xi Jinping nel 2012 potrebbe risultare un danno per l'immagine del Partito Comunista Cinese più che un tentativo di estirpare la corruzione dagli apparati dello Stato. Lo rivela un sondaggio condotto dall'Institute of Governance and Public Affaris dell'Università Sun Yat-sen di Canton, che ha sentito il parere di oltre ottantamila cittadini in tutto il Paese sui quattro anni di campagna anti-corruzione, ancora in corso. La lotta alla corruzione ha lo scopo, come dichiarato dallo stesso Xi all'inizio della campagna, di combattere "sia le tigri che le mosche", ovvero di colpire i funzionari corrotti a tutti i livelli dell'amministrazione pubblica, da quelli più alti (le "tigri") a quelli di livello locale (le "mosche").
Proprio la natura della campagna, una delle più estese degli ultimi decenni in Cina, avrebbe come risultato per la maggiore parte dei cinesi di diminuire la fiducia nel partito a livello centrale, secondo lo studio pubblicato sul Journal of Public Administration. "Se nell'amministrazione locale la corruzione straripa, la gente, gradualmente, sposterà la responsabilità della stessa al centro, perché percepisce che il fallimento a livello centrale ha portato a una tale situazione", scrivono gli studiosi Ni Xing e Li Zhen dell'università di Canton. La lotta alla corruzione potrebbe dunque tramutarsi in un danno di immagine per il partito, soprattutto in un momento di forte centralizzazione, come l'attuale, in cui sempre più poteri sono nelle mani del presidente, Xi Jinping.
I numeri della campagna anti-corruzione sono molto alti, con circa 750mila funzionari di tutti i livelli sanzionati dalla Commissione Disciplinare, l'organo che indaga su di loro. I casi finiti in tribunale sono, però, solo una piccola parte, secondo un'analisi condotta dal Financial Times: in circa 36mila hanno risposto del loro operato davanti a un giudice su un totale di 7,5 milioni di funzionari, mentre per gli altri è prevista solo una nota disciplinare o un avvertimento. Solo lo scorso anno sono stati sanzionati in trecentomila: nei casi più gravi, i funzionari ritenuti responsabili di corruzione sono stati trasferiti o retrocessi.
Per i cinesi, la corruzione nell'amministrazione pubblica rimane ancora oggi il problema principale nella vita sociale e politica del Paese: un altro sondaggio, condotto dal Pew Research Center e pubblicato settimana scorsa, mostra che per il 49% dei cinesi i funzionari corrotti sono un grave problema, anche se il 64% del campione esaminato si attende sensibili miglioramenti nei prossimi cinque anni. Proprio nelle ultime ore, la campagna anti-corruzione ha colpito molto duro. L'ex capo del partito della provincia dello Yunnan, nell'estremo sud della Cina, Bai Enpei, è stato condannato alla pena di morte con due anni di sospensione, una pena che viene generalmente tramutata in ergastolo, per avere accumulato tangenti per un valore complessivo di 247milioni di yuan, circa 37 milioni di dollari, negli anni in cui era in posizioni di potere.
10 OTTOBRE 2016
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