LI KEQIANG: RIFORME PER NUOVO MODELLO ECONOMICO

LI KEQIANG: RIFORME PER NUOVO MODELLO ECONOMICO

di Sonia Montrella

 

Roma, 19 mar.- Non è più possibile per la Cina rimandare ancora le riforme, al contrario è arrivato il momento di creare un nuovo modello economico. Né è convinto il vice premier Li Keqiang, intervenuto domenica nel corso di un dibattito a porte chiuse cui hanno preso parte funzionari di altro livello, businessman stranieri e, soprattutto, il direttore del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde. Li, che secondo i pronostici sarà per i prossimi 10 anni il volto del futuro premier, ha ripreso le fila di un discorso già anticipato da Wen Jiabao la scorsa settimana quando, ai  3mila delegati presenti alla sessione annuale e dell'Assemblea Nazionale del Popolo, ha promesso politiche economiche più flessibili per assicurare una crescita costante e prezzi stabili. "Il Paese ha raggiunto un punto cruciale che necessita di un cambiamento del modello economico. E' iniziata una fase decisiva per le riforme" ha detto il vice premier. "Daremo il via a politiche più flessibili, mirate e lungimiranti".

 

In particolare, ha aggiunto Li, Pechino si sarebbe concentrata soprattutto nel settore finanziario con focus su tasse, prezzi ed equa distribuzione delle entrate. Ampi progressi saranno realizzati, inoltre, in aree chiave per permettere alle forze del mercato di giocare un ruolo di primo piano nello stanziamento di risorse.

 

 Ma una crescita sostenibile ha bisogno anche di altro: rallentare il ritmo del PIL fino al 7,5%, tetto medio previsto dal Piano Quinquennale 2011-2015, e stimolare la domanda interna. Questi i due mantra del Gigante asiatico per il 2012. "Il nostro obiettivo  è quello di  promuovere uno sviluppo robusto ed equilibrato, tenere i pezzi stabili e mantenere alta la guardia contro i rischi finanziari, con un approccio cauto e flessibile" aveva spiegato Wen Jiabao all'ANP nel corso del suo annuale rapporto sugli obiettivi per l'anno in corso e sullo stato di salute del Paese. "Vogliamo riequilibrare i redditi e aumentare le entrate delle classi medie e quelle meno agiate le quali, al momento, non sono in grado di contribuire alla crescita della domanda interna". Per il premier la priorità per l'anno in corso è quella di "accrescere la domanda dei consumatori" in modo da ridurre la dipendenza del Gigante Asiatico dagli investimenti e dall'import-export, che – causa la crisi del debito che ha colpito i maggiori partner commerciali della Cina – è destinato a passare dal 24% del 2011 al 10%. Un'impresa non facile in un Paese in cui la forbice tra ricchi e poveri si fa sempre più ampia.

 

Concorda sulla necessità di avviare una crescita sostenibile anche Zhang Ping, direttore della Commissione Nazionale per le Riforme e lo Sviluppo, secondo cui rappresenta l'unica chiave alla risoluzione dei problemi della Cina. "E' necessario tracciare una road map che preveda un tasso di cambio dello yuan più flessibile e più forte, una supervisione di alta qualità, un mercato finanziario più sviluppato con depositi flessibili e tassi d'interessi ufficiali e, infine, con l'apertura a conti capitali" ha ammonito dal canto suo Christine Lagarde.

 

Il discorso di Li Keqiang ha aggiunto un altro tassello al dilemma "imprese di Stato o imprese private" e sull'ipotesi di lasciare spazio solo alle prime o di aprire di più il mercato ai privati. La scorsa settimana, il governatore della Banca Centrale cinese, Zhou Xiaochuan, ha parlato di riforme del tasso di interesse, che verrà agganciato all'andamento del mercato, e del  tasso di cambio del renminbi, che secondo  alcune dichiarazioni Pechino punta a rendere valuta convertibile entro il 2015. L'uso del renminbi, secondo quanto affermato da Zhou, verrà inoltre esteso a una grande varietà di prodotti  e di operazioni commerciali a livello internazionale, in linea con la domanda del mercato. Il messaggio sembra essere solo uno: maggiore spazio al mercato e meno controllo statale.  Lo scopo è quello di equilibrare le spinte  allo sviluppo e l'eccessivo surriscaldamento della macchina economica. Un equilibrio precario, secondo molti analisti, che non vedono Pechino ancora capace di allentare il controllo statale sull'economia e affidarlo ai flussi del mercato, mossa che potrebbe compromettere la salute delle grandi imprese di Stato.

 

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