Di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 16 set. - Sul futuro a breve dell'economia cinese incide in queste ore anche l'incognita della decisione di domani della Federal Reserve sull'aumento o meno dei tassi di interesse. Negli scorsi giorni, le piazze asiatiche (con l'esclusione di quelle cinesi, che hanno iniziato la settimana in ribasso prima della ripresa di oggi) si sono mosse con cautela in attesa dell'annuncio di Janet Yellen, che potrebbe segnare il primo rialzo dei tassi di interesse operato dalla più importante banca centrale del pianeta negli ultimi nove anni. Il possibile aumento del costo del denaro sta facendo da settimane discutere gli investitori mondiali, molti dei quali oggi convinti che non si assisterà, domani, a nessun aumento dei tassi di interesse.
L'attesa della decisione arriva dopo le incertezze sui mercati di agosto scorso, condizionati dalla svalutazione dello yuan e dai crolli di Shanghai, culminati nel "lunedì nero" del 24 agosto scorso, quando l'indice Composite aveva perso in una sola seduta l'8,49%. La svalutazione operata dalla banca centrale cinese aveva fatto riflettere molti sullo stato di salute dell'economia, che potrebbe non essere roseo come le parole del primo ministro Li Keqiang al Forum Economico di Dalian hanno fatto credere nei giorni scorsi. Una frenata più dura del previsto della locomotiva cinese rallenterebbe di conseguenza anche l'economia mondiale e secondo alcuni un aumento dei tassi da parte della Federal Reserve contribuirebbe ad accentuare il rallentamento globale.
Tra le conseguenze per la Cina di un aumento dello 0,25% dei tassi di interesse, la mossa giudicata in queste ore più probabile, c'è la possibilità di una pressione verso una nuova svalutazione dello yuan. I timori sono in qualche modo attutiti dalle ultime mosse della banca centrale cinese: Pechino ha mostrato di non temere di utilizzare le proprie immense riserve valutarie per sostenere la propria valuta, svalutata a sorpresa il mese scorso, quando tra gli analisti si erano diffusi i timori per una ripresa delle "guerre valutarie". Nelle ultime ore, i giudizi degli economisti sono, invece, improntati alla cautela. "L'aumento in sé non avrà un grande impatto sull'economia cinese - ha spiegato ai microfoni dell'agenzia Bloomberg Shen Jianguang, capo economista di Mizuho Securities - Per la Cina è l'economia interna la questione principale". Nonostante le pressioni sulla moneta derivanti da un aumento dei tassi, secondo Wang Tao di Ubs, il tasso di cambio sul dollaro non dovrebbe risentire eccessivamente della mossa della Fed. "Credo che la Cina sia in grado di mantenere lo yuan a quota 6,5 per quest'anno o anche a un tasso di riferimento più alto", spiega l'analista.
Se le conseguenze in termini di politica monetaria potrebbero essere contenute, l'aumento dei tassi di interesse non sarebbe però gradito a Pechino che leggerebbe la decisione come un segnale di raffreddamento dell'economia statunitense. "C'è un raffreddamento dell'economia statunitense, che adesso è quella che traina di più, se non altro per il valore assoluto del pil - commenta in un'intervista ad Agichina e Radio Radicale Romeo Orlandi, vice presidente di Osservatorio Asia e docente di Economia dell'Asia orientale presso l'Università di Bologna - Se ci sarà questo aumento dello 0,25%, come pare, di certo sarà un segnale. Forse l'effetto è stato già disinnescato: i mercati se lo attendevano e quindi si sono già regolati di conseguenza. E' come se fosse già avvenuto e questo potrebbe indurre la Fed a non metterlo in atto, secondo le ultime valutazioni degli analisti. E' evidente - conclude il professore - che la Cina non guarderebbe con piacere a un rallentamento dell'economia statunitense dovuta ad un aumento del costo del denaro".
16 settembre 2015
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