Pechino, 02 dic. - Asia e Sud Africa: una vasta area del mondo ancora poco avvezza al consumo di vino che racchiude però potenzialità tali da garantire ampi margini di crescita alle imprese produttrici italiane. Quest'ultime dovrebbero presentarsi con un biglietto da visita appropriato, come un "brand Italia" altamente rappresentativo (al pari, ad esempio, di quello che ha reso il Baujoulais nouveau un marchio di eccellenza internazionalmente riconosciuto) e adottare una strategia di penetrazione e marketing strutturata e sistemica. Questo quanto emerge dall'indagine sul mercato del vino promossa e realizzata dalle Camere di Commercio Italiane all'Estero con il cofinanziamento del Ministero dello Sviluppo Economico, già presentata a Udine, Padova, Firenze e Merano e prossimamente in programma a Pechino in occasione della chiusura del Vinitaly Tour. Positivo il riscontro dei 300 operatori partecipanti del settore vinicolo e della stampa specializzata, che hanno particolarmente apprezzato l'innovativa modalità di realizzazione dell'indagine, ovvero un prodotto multimediale interattivo che racchiude una serie di interviste ad operatori dell'intera filiera produttiva di ciascun paese e che permette la selezione mirata delle informazioni, quali affidabili consigli in materia di trasporto, sdoganamento, etichettatura e distribuzione del prodotto. A detta di Davide Cucino, Presidente della Camera di Commercio Italiana in Cina – capofila del progetto –, "l'Italia, primo paese produttore e esportatore di vino per volumi a livello mondiale, non riesce, in Asia e in Sud Africa, ad esprimere, come potrebbe, le proprie potenzialità. L'eccellente campagna di marketing del settore vinicolo francese da un lato, e gli imbattibili listini dei prodotti australiani e cileni dall'altro, tengono le posizioni di mercato ed anzi, sembrano sottrarre terreno alle produzioni italiane". Considerando che nel biennio 2007/2008 il valore del nostro export verso le aree considerate è cresciuto di 5 milioni di euro e che la flessione registrata nei primi otto mesi del 2009 è stata del 7% (ben inferiore a quella francese del 16% e giustificabile alla luce della congiuntura economica), le opportunità non mancano. "Le CCIE dell'Area Asia e Sud Africa si stanno muovendo da tempo per dare visibilità ai nostri vini, puntando ad avvicinare tali Paesi alle nostre produzioni, orientandole e, direi, anche educandole a nuovi gusti e sapori. Molte delle nostre produzioni si discostano, infatti, per qualità organolettiche da quelle normalmente bevute dai consumatori locali, dolci, fruttate e leggere. Anche per questo, i vini dell'Italia del Sud, che aderiscono maggiormente a queste caratteristiche, stanno mostrando margini di crescita superiori ai nostri rossi classici, con percentuali, come in Thailandia, anche superiori al 20%" sostiene lo stesso Cucino. Dato il riscontro dell'iniziativa, l'indagine non si arresta e il secondo roadshow dei risultati della ricerca è previsto in Italia già a febbraio 2010.